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giovedì 29 gennaio 2015

EPIDEMIA DI CIPRIANO: LE PROVE SONO IN EGITTO (l'articolo di Francesco Tiradritti pubblicato sulla rivista Archeologia Viva)


Tracce della terribile pandemia che alla metà del terzo secolo sconvolse l'impero romano sono state individuate per la prima volta dalla Missione archeologica italiana a Luxor nel complesso funerario di Harwa e Akhimenru utilizzato come luogo per lo smaltimento dei cadaveri del contagio.


SONO PASSATIQUASI VENT'ANNI da quando la Missione archeologica italiana a Luxor ha dato inizio alle sue ricerche nel complesso funerario di Harwa (TI* 37) e Akhimenru (TI 404). In questo lasso di tempo le tecniche di scavo si sono ulteriormente affinate, mentre l'utilizzo di sistemi informatici e web si è fatto sempre più significativo. Questo continuo sviluppo tecnologico e l'attenzione anche alle minime tracce di presenza umana hanno consentito di andare oltre lo studio del mero monumento e di fare luce su importanti eventi che hanno riguardato la necropoli tebana * a partire dalla prima metà del VII sec. a.C. quando Harwa decise di scavare il suo imponente cenotafio nella piana dell'Assasif". Una delle più importanti fasi di frequentazione finora documentate dagli scavi è quella databile al III sec. d.C., che ha restituito tracce della cosiddetta Epidemia di Cipriano (vedi scheda). Per ricostruire questa situazione storica - nell' ambito della quale il complesso funerario di Harwa e Akhimenru fu utilizzato come luogo per lo smaltimento dei cadaveri delle vittime del contagio - sono occorsi quindici anni di scavi in varie parti del monumento.... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO

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