Ricostruzione 3D di Matteo Collina (www.cumsidus.com)
Il modello è visibile All’interno della Darsena Romana del Porto di Civitavecchia, esattamente dietro le mura dell’Antica Rocca.
Il modello è visibile All’interno della Darsena Romana del Porto di Civitavecchia, esattamente dietro le mura dell’Antica Rocca.
Foto Marco Vitelli (A.S.S.O.)
Colonna Traiana – scena
LXXXII
Introduzione
Nel
2017, nella ricorrenza della morte dell’Imperatore Marco Ulpio Nerva Traiano, avvenuta nel 117 d.C., l’ Autorità di Sistema Portuale del Tirreno
Centrale di Civitavecchia, nell’ambito delle manifestazioni commemorative organizzate
per l’occasione, ha voluto finanziare questa ricostruzione navale come testimonianza
tangibile e duratura dell’opera dell’imperatore che fondò la città di Civitavecchia
(con il nome di Centumcellae), determinandone
il destino plurisecolare di importante scalo marittimo nel Mediterraneo. Questo
lavoro vuole celebrare anche la potenza marittima di Roma, che fin dal tempo
delle guerre puniche (264 a.C.-146 a.C.) si era andata proponendo come forza egemone
nel Mediterraneo. Successivamente, Pompeo Magno, debellando la piaga della
pirateria avrebbe, fatto di questo mare uno spazio aperto ai sicuri commerci
(67 a.C.). Lo scontro di Azio (31 a.C.), poi, che contrappose Ottaviano ad Antonio
e Cleopatra, eliminò l’ultimo ostacolo alla costituzione di un Mare interno,
totalmente sotto il controllo di Roma, quello che i romani chiamarono “Mare Nostrum”.
Roma sul mare
Nell’età
imperiale la marina militare romana aveva ormai raggiunto l’apice
dell’efficienza organizzativa. L’esperienza raggiunta per il controllo delle
rotte marittime e nel corso delle guerre navali, infatti, avrebbe portato Augusto
alla costituzione di una vera e propria marina da guerra professionale con la
costituzione delle due basi delle Classes
Praetoriae di Ravenna e Miseno, quindi, della Classis Alexandrina in Egitto e della rete di scali lungo il Reno,
pattugliato dalla Classis Germanica.
I
suoi successori istituiranno ulteriori basi per le flotte militari, posizionandole
strategicamente lungo i fiumi e le coste: Claudio, la Classis Britannica di stanza nella Manica; Nerone, la Classis Pontica nel Mar Nero; Vespasiano,
la Classis Flavia Pannonica lungo il
Danubio e la Classis Flavia Moesica
al confine con la Dacia; mentre a Traiano probabilmente si deve l’istituzione
della Classis Syriaca sul fronte
partico.
Le navi commerciali
e le navi militari
I
romani chiamavano le navi da carico, dalla forma tondeggiante, con il nome generico
di naves onerariae. Fra le navi da
carico vanno, poi, considerate quelle per trasporti speciali, come le naves lapidariae (per il trasporto di
marmi), le naves frumentariae (che
costituivano la flotta granaria di Roma), le vinariae (per il trasporto di vino in grandi otri detti dolia e in anfore), le bestiariae (adibite al trasporto di
animali) e le naves caudicariae (dal
caratteristico fondo piatto, adatte alla navigazione lungo i fiumi).
Le
navi militari, chiamate genericamente naves
longae, dotate di rostro a prua, erano definite in base al sistema di voga
adottato o anche per le funzioni svolte. A differenza delle navi da carico per
le quali abbiamo molteplici testimonianze archeologiche, la tipologia delle
navi da guerra dell’impero romano ci viene tramandata principalmente dalle
fonti antiche e da quelle iconografiche: la bireme,
a due ordini di rematori, la liburna,
un tipo di bireme leggera e maneggevole, dotata di rostro e costruita sul
modello delle imbarcazioni dei pirati illirici; la trireme, con tre file di rematori e militari di marina, per un
totale di 220/230 uomini imbarcati. Le grandi poliremi dell’età ellenistica,
che avevano costituito il nerbo delle flotte da guerra fino alla tarda età
repubblicana, vengono meno nell’età imperiale, fino a scomparire. Ciò accade
per il cambiamento delle tattiche di ingaggio e per la mancanza di avversari
interni degni di considerazione. Le funzioni stesse della marina militare
cambiano, assumendo essa piuttosto compiti di pattugliamento e di sorveglianza
dell’ordine interno del Mare Nostrum.
Uno dei primi giganti del mare destinati a divenire obsoleti fu la deceris, grande imbarcazione poliremi,
alla quale seguiranno, gradatamente più tardi, le quadriremi e le quinqueremi,
navi pontate lunghe fino a 48 metri, capaci di imbarcare molti uomini e dotate
di torri, armi da lancio e ponti mobili, unità che caratterizzarono l’epopea
delle guerre puniche. Tra le grandi poliremi, due sole esere rimangono, utilizzate come ammiraglie delle flotte
principali. Tra le imbarcazioni la cui denominazione è data dalle funzioni
svolte, ricordiamo: l’actuaria,
piccola unità per il trasporto delle truppe; l’hyppago, imbarcazione ausiliaria per il trasporto di cavalli; le
navi speculatoriae, utilizzate per le
operazioni di pattugliamento e di avvistamento; le scaphae, scialuppe di servizio o d’emergenza a remi.
Le navi della
Colonna Traiana
Come
è noto, sulla Colonna Traiana, inaugurata nel 113 d.C., è rappresento,
attraverso la narrazione realizzata in bassorilievo, il racconto delle guerre
daciche di Traiano (101-106 d.C.). In alcune delle scene appaiono varie
tipologie di navi da guerra e da trasporto della Classis Moesica e delle Classes
Praetoriae che furono impiegate per gli spostamenti dell’esercito romano da
una sponda all’altra dell’Adriatico e lungo il Danubio. La Classis
Moesica, utilizzata per principalmente per il pattugliamento lungo il
Danubio e per raccogliere informazioni sui movimenti delle truppe nemiche,
fornì l’appoggio logistico e le strutture necessarie alla costruzione di ponti di
barche per il passaggio delle truppe e si occupò dell’approvvigionamento dei
beni primari per il sostentamento dell’esercito. Il ruolo giocato dalla flotta
romana è ben delineato nelle immagini della colonna, dove sono rappresentate
tutte le operazioni affrontate dall’esercito e il ruolo svolto dall’imperatore
nel corso delle campagne militari oltre il Danubio. Il fatto stesso che fra i dona militaria offerti dopo le guerre
daciche ci siano proprio quattro Coronae
Navales dimostra l’importanza dell’attività della marina imperiale romana in
quella guerra. Molte sono le tipologie di imbarcazioni raffigurate nei rilievi,
dalle barche minori, alle onerarie, alle navi da guerra. Fin dalle prime scene
si notano imbarcazioni cariche di approvvigionamenti (onerariae) e natanti utilizzati per i due ponti di barche allestiti
per l’attraversamento del Danubio da parte dell’esercito romano; più avanti nel
fregio si nota l’imbarco di truppe, cavalli e vettovaglie su altre navi da
carico e due navi da guerra (liburnae)
al completo. Ancora altre liburnae
sono rappresentate nella scena della partenza di Traiano da un porto
dell’Adriatico e nei ripetuti sbarchi. La liburna
era la nave utilizzata anticamente da un popolo della Dalmazia, i Liburni,
appunto, dedito alla pirateria. Essa entrò a far parte delle flotte utilizzate
dai romani quando Augusto impiegò queste unità, agili e veloci, nella battaglia
di Azio (31 a. C.) contro le pesanti navi di tradizione ellenistica di Antonio
e Cleopatra. Nell’età imperiale, poi, il termine Liburna, o Liburnica, fu
genericamente usato dalle fonti per designare una nave da guerra.
Il modello ricostruito della Liburna
La ricostruzione
che qui si propone, rappresenta la parte prodiera di una delle liburne
raffigurate nella scena LXXXII della Colonna, e si basa sulle conoscenze delle
tecniche di costruzione navale in età romana, fino ad ora note. La nave era
probabilmente lunga non più di trenta metri e larga circa otto; aveva due
livelli di piani di remeggio con un solo uomo per remo. Si ipotizza la presenza
di venti- venticinque rematori a livello, per le due murate, con un totale di
ottanta/cento rematori. Era un’imbarcazione della flotta dislocata nel Danubio,
probabilmente della “Classis Moesica”.
Essa
costituisce, altresì, un unicum
architettonico tra le navi raffigurate sulla Colonna, per la presenza di “tre
dritti di prua”. Infatti, in nessuna delle prue delle altre navi da guerra, per
quanto ci è dato di osservare, sembra possibile individuare una simile
caratteristica. Questo espediente è
stato forse utilizzato per ampliare lo spazio a disposizione in questo settore
dello scafo, pur mantenendone il profilo idrodinamico classico nella parte
immersa. Tale scelta costruttiva potrebbe essere stata motivata dalla necessità
di imbarcare particolari armamenti balistici, peraltro simili a quelli
rappresentati nella Colonna in altre scene di attività militari, armamenti
identificabili, nell’immagine della scena LXXX II, nelle lunghe aste o pali con
una scanalatura longitudinale, sporgenti a prua. Questi elementi occupano lo
spazio normalmente riservato al proembolion,
una struttura della nave, prominente sopra il rostro e conformata spesso a
protome animale, che aveva la funzione di limitare la penetrazione del rostro
nella fiancata della nave nemica. Queste caratteristiche ci autorizzano a
definire questa nave un particolare tipo di Liburna? Poteva essere stata realizzata appositamente
per il trasporto o l’utilizzo di macchine balistiche?
Particolari
della prua della liburna della scena LXXXII
Infatti,
se osserviamo il rilievo del pannello LXXXII, notiamo, partendo dal basso, al
di sopra del rostro, un’asta, o palo, a sezione quadrangolare scanalata
longitudinalmente e terminante con tre punte; segue un’asta o palo a sezione
quadrangolare, scanalata longitudinalmente e terminante con una protome di
ariete; si nota, quindi, la vela di artimone e un palo, questa volta non
scanalato, a sezione quadrangolare, la cui estremità è nascosta dalla vela; segue,
infine, l’albero di artimone. I propugnacula
di prua (sorta di castello di combattimento) appaiono decorati da due lastre,
probabilmente metalliche, recanti decorazioni in rilievo rappresentanti, tra
l’altro, nella più bassa, due imbarcazioni in navigazione, una delle quali con
prua simile alla nostra, e, nella più alta, rosette. Probabilmente tali lastre
avevano anche una funzione di protezione dal lancio di proiettili nemici
(dardi, pietre, ecc..). Nella ricostruzione non si è proceduto alla
collocazione di questi pali sporgenti, identificabili probabilmente con parti
di armamenti imbarcati nella sezione prodiera, perché non siamo in grado di
comprenderne appieno la forma, la funzione e il modo di uscita rispetto alle
assi di fasciame della prua (cubie? Finestre? Feritoie? ...).
Colonna
Traiana. Rappresentazioni di macchine belliche sulle fortificazioni
Scena LXXXII. Particolare
del castello di prua (propugnacula) con le lastre metalliche decorate.
Studio, Ricerca e Ricostruzione della Liburna romana a cura del CASN-LANS diretto dal com.te Mario Palmieri ,
nell’ambito del Progetto Navalia – “Potenza e Tecnologia della Flotta di Roma “-
con la consulenza scientifica di Barbara Davidde professore a contratto di Archeologia
subacquea - Università degli Studi Roma Tre e di Roberto Petriaggi, già
professore a contratto di Archeologia subacquea - Università degli Studi Roma
Tre e direttore di “Archaeologia Maritima Mediterranea. An International
Journal on Underwater Archaeology”
Si ringraziano inoltre:
-
L’ Autorità di Sistema Portuale Centro
Settentrionale di Civitavecchia per aver finanziato l’opera
La
Soprintendenza Archeologica del Lazio per aver sostenuto l’iniziativa
Il
Ministro Dario Franceschini e la sua segreteria particolare condotta dal dott.
Pino Battaglia per aver permesso la
ricerca sui calchi della Colonna Traianea
La A.S.S.O., Associazione riconosciuta come partner tecnico della Soprintendenza per
l’archeologia subacquea e ricerche in ambienti sotterranei per aver messo a
disposizione particolari apparecchiature
e tecnici per lo studio dei calchi della Colonna Traianea
- La Soprintendenza Archeologica di Stato,
dott.ssa Cinzia Conti, per
approfondimenti tecnico-storici sulla
Colonna Traiana
La Soprintendenza Archeologica di Roma per aver permesso l’apertura del Museo della
Civiltà Romana dell’Eur
La Bilancella Onlus
di Civitavecchia per aver ospitato, offerto spazi e supporto per la
ricostruzione della Liburna
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