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 A.S.S.O. è una organizzazione no profit operante da 35 anni. Si occupa di ricerca scientifica, individuazione, studio e valorizzazione di beni culturali e naturalistici sommersi, sotterranei ed emersi; della diffusione della cultura sul patrimonio naturale ed archeologico mediante ricerche e attività operative condotte con Università, Soprintendenze, Istituti di ricerca, Centri Culturali nazionali ed esteri attraverso progetti, convegni, scavi, rilevamenti, congressi, mostre, collaborazioni esterne, filmati, seminari, realizzazioni multimediali, pubblicazioni. Sviluppa, in proprio ed in partnership con soggetti nazionali ed esteri, progetti nazionali ed internazionali di ricerca scientifica e di crescita socioeconomica. A.S.S.O., direttamente o attraverso i suoi soci, è rappresentata e accreditata presso numerose realtà del mondo istituzionale, scientifico, tecnico ed archeologico. Opera anche come consulente di diversi Comuni italiani, Università, Soprintendenze, CNR e Parchi Archeologici per ricerche e prospezioni presso ambienti archeologici sotterranei o archeologiche subacquee, per riprese aeree ed elaborazioni topografiche di prossimità e oltre che per progetti di valorizzazione di ipogei, aree sommerse, zone archeologiche e beni culturali o naturalistici.

venerdì 2 aprile 2021

Mondi sommersi e sotterranei (3): Cavità Sotterranee Artificiali e nulla esiste se non è documentato, anche la storia sotto i nostri piedi (rubrica de "Il nuovo corriere di Roma e del Lazio")

 

CAVITA’ SOTTERRANEE ARTIFICIALI (Mario MAzzoli, A.S.S.O.)

Spesso si attribuisce una scarsa importanza alle cavità artificiali presenti nel sottosuolo. Quando ciò avviene, l’attenzione si concentra quasi esclusivamente sui rischi ad esse collegati - crolli, sprofondamenti, rotture di acquedotti e fognature ed altre vicende spiacevoli - come se il problema fossero solo le cavità e non chi ci abbia costruito sopra senza criterio. Queste opere sono però importanti non solo per i rischi conseguenti ma anche per le opportunità di ricerca e sviluppo socio-economico che offrono e che, per essere colte, hanno bisogno di un approccio integrato e multidisciplinare che non sempre è presente. Partiamo da una delle diverse prospettive con le quali può essere affrontato l’argomento: quella speleologica. Il termine speleologia si riferisce generalmente ad attività che riguardano le grotte, ma parole come grotta, caverna, cripta, cunicolo, fanno riferimento ad una matrice pratica ed emotiva comune: a ciò che è nascosto. Mentre è quindi intuitivo abbinare l’attività dello speleologo all’esplorazione delle grotte, meno può esserlo quando si parla di strutture edificate sotto terra oppure finite nel sottosuolo per le modificazioni naturali o antropiche del territorio L’Italia, per sua conformazione, struttura geologica e storia, presenta una grande varietà di cavità artificiali. 

Si tratta di opere antropiche legate alla captazione e all’adduzione idrica, alla conservazione di neve e ghiaccio, all’estrazione mineraria o di pietre da taglio, al culto, all’architettura militare, alla sepoltura. Abbiamo quindi testimonianze millenarie di acquedotti, reti sotterranee di ingresso e deflusso delle acque, pozzi, miniere dismesse, antiche chiese, sotterranei, cisterne, eremi, ripari rupestri, depositi, ossari, strutture ad uso militare. Un mondo di vuoti nascosti che rappresenta un prezioso territorio da esplorare, documentare e, perché no, da rendere fruibile per sostenere lo sviluppo socio economico e la divulgazione. Si tratta però di luoghi bui, umidi, talvolta angusti, con pozzi e dislivelli verticali e che presentano rischi particolari. Occorre porre particolare attenzione alle criticità dell’ambiente, al decadimento dei materiali di sostegno e passaggio, valutare attentamente la qualità dell’aria ed avere chiare le responsabilità che ci si assumono nel frequentare ambienti spesso sottoposti a tutele, vicoli o soggetti a divieti. E’ per questi motivi che l’esplorazione e la documentazione richiedono competenze ed attrezzature specialistiche proprie della speleologia. Si tratta comunque di un grande lavoro di squadra nel quale le competenze speleologiche sono indispensabili ma non sufficienti. Studi credibili richiedono anche analisi bibliografiche, conoscenze storiche, archeologiche, analisi dei materiali, ingegneria mineraria, geologia e quanto altro sia necessario per affrontare il tema sotto un punto di vista multidisciplinare. Un’attività a carattere scientifico, quindi, che poggia su presupposti tecnici specialistici, finalizzata a conoscere i mondi sotterranei artificiali nelle loro diverse prospettive - storia, tecnica, uso, rischio ed opportunità - capace di creare passione attraverso una lettura non banale e approssimativa dei luoghi visitati. 

NULLA ESISTE SE NON E’ DOCUMENTATO, ANCHE LA STORIA SOTTO I NOSTRI PIEDI. 

Gli speleologi italiani, a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, hanno censito e documentato topograficamente, fotograficamente e recentemente in 3d, migliaia di sotterranei artificiali di interesse storico e antropologico realizzati dall’uomo o da esso riadattati alle proprie necessità. Alla fine degli anni ’80 fu varato dalla Commissione Nazionale Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana un censimento dedicato, sviluppato su base regionale, denominato “Catasto delle cavità artificiali italiane”. Parallelamente fu predisposta una classificazione tipologica delle cavità artificiali in base alla funzione - intesa come destinazione d’uso - a cui la struttura sotterranea era adibita, che ne identifica in modo sintetico la natura. Dal 2012 tale classificazione è stata ufficialmente acquisita anche in ambito internazionale dalla UIS - International Union of Speleology - organizzazione mondiale di riferimento per la speleologia. Ad oggi il Catasto Nazionale non ha ancora ottenuto un riconoscimento ufficiale da parte degli Enti preposti alla cultura o alla tutela del territorio, mentre i catasti regionali hanno avuto destini diversi a seconda delle diverse sensibilità delle locali amministrazioni. La situazione attuale si presenta dunque assai variegata, con regioni che hanno attivato specifici accordi con le realtà speleologiche regionali ed altre che ignorano completamente il lavoro svolto. Nelle zone d’Italia dove non esistono ancora riconoscimenti da parte delle regioni sussistono rapporti inutilmente complicati con gli Enti interessati ad acquisire i dati speleologici per i più diversi fini. 
Tra gli Enti, c’è chi non se ne è mai curato ed oggi è stato folgorato sulla via di Damasco; c’è chi si era avvalso di persone competenti che guardavano lungo avviando progetti seri di integrazione e che, per lo spoils system o altri motivi, sono state rimosse. Ci sono anche esempi locali di ottimi lavori finalizzati ad analizzare la pericolosità geomorfologica, ad intraprendere azioni di monitoraggio e consolidamento, a pianificare interventi di valorizzazione e fruizione. Come al solito, una situazione a macchia di leopardo. In questo quadro almeno una cosa è certa: non si ha intenzione di cedere, senza alcuna tutela e garanzia sulla costanza di aggiornamento e condivisione dei dati, il lavoro di centinaia di speleologi che per anni e anni hanno documentato la storia sotto in nostri piedi. 



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