LA SPELEOLOGIA SUBACQUEA E LE VIE SOTTERRANEE DELL’ACQUA
(Mario Mazzoli, A.S.S.O.)
Succede spesso che, dopo ore o giorni di permanenza in grotta, gli speleologi si trovino di fronte ad una barriera d’acqua che impedisce la prosecuzione dell’esplorazione. Fiumi e laghi sotterranei, oppure una banale pozza colma d’acqua nella quale sembra finire l’ultimo pozzo appena disceso. Ma per essere sicuri che effettivamente la grotta termini in quel punto, o che invece l’acqua possa nascondere nuove scoperte, interviene uno speleologo particolare, lo speleosub. Questi specialisti praticano immersioni piuttosto complesse che sono condizionate dalle caratteristiche fisiche degli ambienti in termini di progressione, attrezzature, allenamento e, soprattutto, di assetto mentale. Al di là di un non trascurabile impegno fisico, infatti, si aggiunge un certo livello di stress mentale che può essere contenuto solo grazie a grande padronanza nell’uso e predisposizione delle attrezzature e un costante allenamento. Svolta in ambiente ostruito, ovvero senza contatto diretto con la superficie, l’immersione è condizionata dall’impossibilità di poter riemergere in qualsiasi momento sulla verticale e dalla conseguente necessità di dover ripercorrere all'inverso il tragitto fatto all'andata per poter guadagnare la superficie esattamente dove ci si era iniziato.
Visto che nessun inconveniente può essere risolto con una risalita di emergenza, lo speleosubacqueo deve dedicare massima attenzione alla prevenzione di possibili problemi e, quando questi si presentano, deve essere in grado di risolverli sott'acqua da solo e senza emergere. E’ quindi evidente come, per le immersioni, le grotte siano ambienti molto particolari dove la sicurezza dei subacquei dipende quasi esclusivamente dalla loro preparazione specialistica, dal livello tecnico e adeguatezza quantitativa delle attrezzature e dalle procedure di progressione utilizzate. Si tratta in ogni caso di ambienti molto diversi: sorgenti che sboccano in mare o che si aprono sotto dirupi e montagne o micidiali percorsi speleologici, che alternano pozzi verticali, progressioni in tratti asciutti, sifoni, risalite, altri sifoni dove la tecnica conta quanto la testa. Per rendere immediata la sostanziale differenza di approccio e di mentalità tra coloro che praticano queste immersioni e chi opera in acque libere, come mare e laghi, può essere sufficiente un semplice esempio. Il sistema di coppia, fortemente raccomandato per le immersioni in acque libere, in grotta viene messo radicalmente in discussione poiché la progressione speleosubacquea avviene quasi esclusivamente in solitaria.
Ecco perché lo speleologo subacqueo, nel suo profilo mentale, è bene che sia prima uno speleologo e poi un subacqueo. Comunque: professionalità, attrezzature specialistiche e sete di conoscenza; tenendo sempre a mente ciò che ricordava il famoso speleosub Bill Stone: …esistono speleosub anziani e speleosub temerari. Non esistono speleosub anziani e temerari.
Ecco perché lo speleologo subacqueo, nel suo profilo mentale, è bene che sia prima uno speleologo e poi un subacqueo. Comunque: professionalità, attrezzature specialistiche e sete di conoscenza; tenendo sempre a mente ciò che ricordava il famoso speleosub Bill Stone: …esistono speleosub anziani e speleosub temerari. Non esistono speleosub anziani e temerari.
LA SORGENTE DI SU GOLOGONE
La sorgente, circondata da un parco meraviglioso nel comune di Oliena (NU), si presenta come una spaccatura lunga una decina di metri colma di acqua trasparente. Prima cosa, posizionare una corda fino a -36 metri per la linea decompressiva riservata a chi effettuerà la punta e una parallela per la linea di sicurezza per gli speleosub che si alterneranno in immersione. Si controllano i rebreather - i respiratori a circuito chiuso - le numerosissime bombole di miscele respiratorie, gli analizzatori di gas, i computer e poi .. le prime immersioni. Giù lungo la spaccatura che forma il laghetto fino a -36 metri; sulla sinistra di vede l’entrata vera e propria della grotta. Si cerca un buon punto di ancoraggio; si fissa il filo di Arianna e via! L’ambiente è piuttosto ampio anche se intricato con profonde intersezioni di strato: bisogna capire quella in cui infilarsi. Dopo diversi tentativi a – 65 metri si trova un passaggio; vi si lasciano alcune bombole per la decompressione. Qualche metro e la grotta cambia forma: le spaccature presenti ovunque lasciano spazio ad una grande sala con il fondo coperto di sassi levigati dalla corrente. A -78 metri si fissa la sagola lasciando sul posto il rullo che la conteneva; se ne aggancia un’altra e si depongono altre bombole; sopra di noi una serie di spaccature verticali: dei camini. Dopo diversi tentativi in zone chiuse o troppo strette si trova il passaggio, ci si infila e si percepisce subito una forte corrente contraria che obbliga ad aiutarsi con le mani sul fondo per proseguire. La grotta risale e poi riscende fino a -104 metri, siamo a 320 metri di distanza dall’entrata. Si collega un nuovo rullo di sagola guida e si inizia a svolgere filo, le bombole di scorta appese addosso ai sub di punta sbattono dappertutto e il respiratore a circuito chiuso riceve diverse botte ad ogni movimento. Dopo una ventina di metri, percorsi strisciando, la grotta si allarga leggermente, -111 metri, -120, continua a scendere. Siamo a -135, si fissa la sagola e con quella di soccorso si cercano prosecuzioni: nulla da cui poter passare. Sei speleosub, sei speleologi di supporto, cinque giorni di lavoro, trentotto immersioni, 520 metri di rilievo e uno di noi che raggiunge in -135 metri di profondità. Su Gologone finisce qui; al momento.
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