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venerdì 16 aprile 2021

Mondi sommersi e sotterranei (5): Progetto Albanus: dentro l'antico emissario

 

PROGETTO ALBANUS: DENTRO L’ANTICO EMISSARIO (Mario Mazzoli, A.S.S.O.)

Anni fa i gruppi speleologici A.S.S.O., Egeria e Roma Sotterranea, riunti sotto il marchio Hypogea - Federazione per le Cavità Artificiali del Lazio - e con le debite autorizzazioni della Soprintendenza, decisero di affrontare in modo sistematico e con tecniche avanzate l’esplorazione dell’antico emissario sotterraneo e sommerso del lago Albano, per valutarne il possibile ripristino funzionale, produrre documentazione topografica, analizzare le tecniche di scavo e realizzazione, effettuare analisi batteriologiche e geochimiche. La tradizione colloca l'emissario del lacus Albanus (lago Albano o di Castel Gandolfo) tra le più antiche testimonianze romane in fatto di ingegneria cunicolare, secondo solo alla Cloaca Maxima, e non mancano ipotesi per le quali potrebbe essere stato scavato addirittura in precedenza. In ogni caso si tratta di una struttura di straordinario valore storico, archeologico e geologico, sino a oggi scarsamente indagata per le enormi difficoltà di ricognizione. Tito Livio collega l’opera alla guerra irrisolta fra Roma e Veio raccontando che i Romani, già in difficoltà per un assedio che si protraeva da tempo sotto le mura della città etrusca, nell'anno 398 a.C. dovettero fare i conti con un inverno insolitamente rigido al quale seguì un repentino cambio di temperatura e un'estate caldissima, funestata da una pestilenza che colpì tutti gli animali. 

Tra le anomalie di quell'anno il lacus Albanus subì un innalzamento improvviso e tumultuoso delle acque: evento inspiegabile e misterioso considerata la carenza di piogge. Quindi, furono inviati ambasciatori a Delfi per consultare l'oracolo. Nell'attesa del loro rientro un anziano di Veio predisse, «alla maniera di un indovino», che i Romani non sarebbero mai riusciti a sconfiggere la sua città senza prima aver fatto defluire, secondo le prescrizioni rituali, le acque del lago. Anche gli ambasciatori di ritorno da Delfi consegnarono un vaticinio sostanzialmente analogo. Dionigi d’Alicarnasso, Cicerone, Valerio Massimo, Plutarco e Diodoro Siculo riferiscono gli avvenimenti in modo simile a Livio. Il fatto che un aruspice etrusco e un celebre oracolo abbiano suggerito di drenare le acque di un invaso privo di sbocco naturale, confermerebbe che i Romani, proprio in quell’epoca, abbiano iniziato a realizzare importanti opere d’ingegneria idraulica sulla scia delle conoscenze acquisite ben prima di loro da Etruschi e Greci. La stessa Veio fu infine conquistata (396 a.C.), dopo anni di assedio, penetrando sotto alla rocca attraverso dei cunicoli. Per l’esplorazione dell’emissario si partì con analisi delle acque e dei fanghi interni e con immersioni speleosubacquee dalla zona dell’incile, l’area monumentale di captazione dell’acqua del lago. Nonostante professionalità e l’impiego di attrezzature subacquee professionali, non fu possibile superare il tratto in cui la volta del cunicolo si abbassa sino ad occludere il condotto, perché uno strato di acqua di soli 20 centimetri sovrastante un ben più consistente strato spesso e colloso di fango semiliquido rendono impossibile la progressione. Passati all’area di deflusso presso i fontanili in località Le Mole di Castel Gandolfo, il condotto si presentava colmo di rifiuti.
Effettuata una sommaria ripulitura per consentire il passaggio in sicurezza delle squadre di esplorazione, dopo circa 70 metri, in corrispondenza di un pozzo, un accumulo di terra e materiali provenienti dai campi sovrastanti precludeva completamente la progressione. L'emissario risultava quindi percorribile per soli 36 metri sul lato incile e per soli 70 metri dal lato dei fontanili, a fronte dei circa 1.500 metri totali che attendevano ancora di essere esplorati e documentati. Spostatisi sul pianoro sovrastante il pozzo, con interventi di sterro piuttosto impegnativi e complessi e grazie alla cortesia e disponibilità del proprietario del terreno, è stato possibile rimuovere buona parte dell’ostruzione ripristinando l’originaria percorrenza dell’acqua e proseguire l’esplorazione fino a due grandi colate calcitiche, frutto della lunga percolazione, che occludono il manufatto. Con il superamento delle grandi concrezioni, reso possibile anche grazie a tecniche speleosubacquee, le squadre di tecnici e ricercatori sono riuscite a percorrere l'emissario per più di un chilometro constatando le perfette condizioni strutturali del canale sotterraneo, ad eccezione di alcune zone che presentano crolli avvenuti in epoca imprecisabile. L’acqua, che in alcuni punti supera i due metri e venti di profondità, è ancora presente per la costante percolazione e non certo grazie all’alimentazione dal lago, oggi impossibile per via del suo rilevante abbassamento rispetto al livello originario. Dopo qualche centinaio di metri dalla concrezioni l’esplorazione è stata nuovamente interrotta, anche qui, a causa del consistente strato di fango e la bassa profondità dell’acqua. Per rendere percorribile il canale sotterraneo è quindi indispensabile rimuovere questo impedimento e in proposito il team ha elaborato diverse ipotesi progettuali. I problemi non sono però di ordine tecnico. Per l’esplorazione, la documentazione, le analisi e gli studi collegati e le operazioni tecniche, durate più di quattro anni, Hypogea ha profuso uno sforzo tecnico scientifico ragguardevole senza alcun onere per la collettività e a proposito del quale, solo per limitarsi ad aspetti economici, se non fosse stato fornito da volontari specializzati e dalle diverse, prestigiose e gratuite collaborazioni esterne, avrebbe richiesto un costo intorno ai 240.000 €.
Le ipotesi operative per il completamento della ricerca e, in particolare, per rendere possibile la percorrenza dell’intero emissario sono quindi ferme. Ciò avviene per la totale assenza di sostegno economico diretto o indiretto ma, soprattutto, per la scarsa attitudine delle strutture pubbliche territoriali verso cooperazioni pragmatiche. Hypogea non chiede soldi; ma spera nel buon senso e che la sua proposta di allagamento del gruppo di lavoro operativo possa concretizzarsi. E’ stato ipotizzato di valutare la possibilità che alcune articolazioni del sistema pubblico intervengano con mezzi e professionalità proprie, e quindi già pagate, integrando il team Hypogea riducendo praticamente a zero i costi vivi dell’operazione. Alcune Amministrazioni di Stato con le quali ASSO intrattiene costruttivi rapporti di collaborazione si sono dichiarate disponibili a parlarne, come nel caso del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, ma le Amministrazioni Locali, Parco e Comuni, si limitano al plauso per l’iniziativa. Ma, si sa, ognuno ha il proprio buon senso. 

Cliccare qui per informazioni e trailer del documentario ASSO “Progetto Albanus: dentro l’antico emissario” di Massimo D'Alessandro



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