IMMERGERSI NEI RELITTI (Mario Mazzoli, A.S.S.O.)
Spesso nelle immersioni ricreative, quindi effettuate per divertimento e non a scopi scientifici o professionali, si confondono quelle svolte nei pressi dei relitti con quelle all’interno di questi. Immersioni in prossimità di relitti navali poco hanno di diverso da quelle effettuate in acque libere in ambienti naturali dove è sempre possibile riemergere sulla verticale. Quelle all’interno delle navi affondate, invece, per il fatto che in termini squisitamente tecnici e di rischio presentano molte similitudini tra l’addentrarsi in una grotta sommersa e nell’infilarsi nella stiva di una nave affondata, utilizzano tecniche proprie della speleologia subacquea.
Anche all’interno di una nave, infatti, non è possibile risalire sulla verticale, si è quasi sempre costretti ad uscire da dove si sia entrati, servono preparazione e attrezzature specialistiche, sono presenti rischi connessi alla visibilità, ai crolli, alle zone anguste, alla densità di ostacoli, agli ingarbugliamenti derivanti dai materiali presenti e ad altre caratteristiche dell’immersione proprio a conferma che i subacquei più idonei all’esplorazione di navi affondate sono proprio gli speleosubacquei. Millenni di navigazione hanno costellato i mari di relitti navali. Mentre di quelli antichi se ne occupano gli archeologi subacquei, quelli storici e quelli moderni che si trovano a profondità accessibili fanno parte del bagaglio tecnico ed emotivo dei subacquei e dei cosiddetti subacquei tecnici. E’ ovvio come, anche in questi casi, l’immersione serva ad integrare le altre prospettive con le quali vanno condotte vere ricerche.
Alla visione e rilevamento diretto della nave e del suo contenuto si aggiungono: la consultazione di archivi storici fisici o digitali, di biblioteche, giornali e raccolte fotografiche; le prospezioni strumentali; i contatti per le cosiddette informazioni di banchina; la logistica sopra e sotto l’acqua e tutto quanto altro fa parte di un lavoro integrato. Per limitarci in questa sede ad aspetti emotivi e di sicurezza, va considerato che un relitto esercita un forte richiamo, una vera attrazione magnetica. Mentre le grotte interessano quasi esclusivamente agli speleosub, i relitti affascinano i subacquei in genere, anche gli inesperti, ed è quindi raccomandato che l’emozione, la curiosità, la voglia di effettuare foto o riprese non prevalgano sulla sicurezza.
Questo è stato anche il caso dell’esplorazione del relitto della nave italiana Po, silurata nel 1943 nella baia di Valona, condotta e gestita da A.S.S.O., in collaborazione con il Servizio Navale della Guardia di Finanza di stanza in Albania, l’associazione subacquea Blu Sub di Tirana e il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Foggia.
Ne parleremo in dettaglio sul prossimo numero
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