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venerdì 30 aprile 2021

Mondi sommersi e sotterranei (7): La Nave Ospedale Italiana PO

LA NAVE OSPEDALE ITALIANA PO (Mario Mazzoli. A.S.S.O.)


Il Po, al maschile come vengono denominati i piroscafi, fu varato nel 1911 a Trieste come Wien. Centotrenta metri di lunghezza e sedici di larghezza, circa settemilatrecento tonnellate di stazza. Nel 1916 fu requisito dalla Marina Asburgica e trasformato in nave ospedale. Danneggiato ritornò alla compagnia di navigazione per poi essere nuovamente sequestrato e trasformato in nave caserma per il personale impiegato nella base sommergibili di stanza a Pola dove, nel 1918, fu rocambolescamente danneggiato dagli incursori Italiani, nella stessa giornata del 1 novembre nella quale fu affondata la corazzata Viribus Unitis, della Marina austro-ungarica. Requisito come preda di guerra dalla Marina Italiana fu riallestito come piroscafo e reimmatricolato nel 1921 come Vienna. Nel 1935 acquisì il nome di Po per poi, nel 1941, essere nuovamente requisito e ancora una volta trasformato in nave ospedale. 

Dopo quattordici missioni e il trasporto di circa seimila feriti, finì i suoi giorni nella baia di Valona la notte 14 marzo del 1941 quando un siluro inglese lo colpì sulla fiancata di dritta affondandolo in pochi minuti; causando la morte di 22 persone tra marinai e crocerossine. L’attacco ad una nave ospedale suscitò molto clamore. In prima fase, oltre ad informazioni di regime come il falso abbattimento degli aerosiluranti nemici, girò la voce che il siluramento fosse avvenuto perché gli aeroplani non avrebbero riconosciuto la nave ospedale a causa dell’assenza di illuminazione notturna prevista per una nave ospedale alla fonda. Si fece strada anche una versione più romanzata che si riferiva ad una ipotetica notizia diffusa sui servizi segreti inglesi che avrebbero rilevato, durante delle intercettazioni, il nome di Mussolini come presente sulla nave. In realtà a bordo un Mussolini c’era ma si trattava di Edda Ciano Mussolini, figlia del duce e moglie del Ministro degli Esteri Galeazzo Ciano, allora trentenne e crocerossina che scampò all’affondamento. 

Quando, successivamente, la verità fu appurata, venne confermata invece l’ipotesi dell’oscuramento e la Marina Italiana riferì che la nave fu resa tale per non rendere evidenti con altre luci, oltre al chiarore della luna, ulteriori navi italiane alla fonda nella stessa baia come i piroscafi Stampalia e Luciano, oltre alla torpediniera Andromenda. Non si ha quindi certezza di un attacco deliberato da parte degli inglesi a una nave ospedale, come era accaduto in altre occasioni, e resta dubbio il ruolo dell’oscuramento: causa o scusante? Dopo ottanta anni, il relitto si presenta ancora in assetto di navigazione. a circa un miglio dalla costa su un fondale fangoso tra i 35 e 37 metri di profondità, parzialmente avvolto dalle reti e con i ponti superiori in legno divelti anche dalle bombe dei pescatori di frodo. Una prima immersione fu effettuata dal team A.S.S.O. e dal Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Foggia nell’estate del 2008, sottraendo una mattinata alle ricerche archeologiche subacquee nelle quali erano impegnati. 

L’anno successivo venne condotta una esplorazione, gestita da A.S.S.O., in collaborazione con il Servizio Navale della Guardia di Finanza di stanza in Albania e l’Associazione Subacquea Blu Sub di Tirana. Attraverso l’utilizzo di tecniche speleosubacquee e impiegando respiratori subacquei a circuito chiuso, detti rebreather, per evitare che in alcuni punti particolarmente insidiosi le bolle degli erogatori classici liberassero il fango dalle volte delle aree chiuse facendolo precipitare pregiudicando ulteriormente la visibilità, l’équipe è potuta penetrare nelle aree più interne del relitto. Con non poche difficoltà si riuscì ad accedere fino ai ponti inferiori, alla sala macchine e ad ispezionare anche la sala operatoria, l’officina e diversi altri ambienti di interesse storico e documentaristico. Il lavoro, che ha richiesto complessivamente 144 immersioni per un totale di 8.352 minuti e si è rivelato entusiasmante e produttivo, nonostante la pessima visibilità dovuta al trasporto di grandi quantità di fango, e non solo, proveniente dei fiumi a nord della baia gonfi per le incessanti piogge del periodo. L’esplorazione è stata anche video registrata per analizzare successivamente i dettagli e ulteriori dati legati all’armamento della nave oltre che per fornire materiale necessario a comprendere lo stato di conservazione e di degrado dei vari ambienti. 

Le riprese esterne sono state effettuate da una troupe RAI che ha seguito l’intera missione mentre le riprese subacquee sono state gestite dagli stessi componenti del team A.S.S.O. Un bellissimo servizio fotografico è stato realizzato da Gennaro Ciavarella, affermato fotografo subacqueo, mentre un servizio televisivo è stato poi montato e inserito in uno speciale "TG2 Dossier", a cura del giornalista e storico Ulderico Piernoli, dedicato alla storia delle navi ospedale e andato in onda su RAI 2. Il materiale filmato è stato anche utilizzato nel documentario A.S.S.O. “Albania: la storia sommersa” di Massimo D’Alessandro. 





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