ARCHEOLOGIA SOTT'ACQUA: LAGHI, FIUMI E ZONE COSTIERE (Mario Mazzoli - ASSO)
Per il nostro viaggio nella storia sommersa ci avvarremo di diversi scenari legati alla valutazione dei giacimenti secondo le caratteristiche ambientali nelle quali si trovano.
Iniziamo dalle acque interne e, ad esempio, dalla presenza di siti preistorici nei laghi, lagune e nei fiumi, che da sempre sono stati punti di addensamento delle popolazioni. La formazione e l’identificazione di questi giacimenti archeologici è direttamente legata alla variazione dei livelli o dei percorsi che fiumi, laghi e lagune hanno registrato oltre alla capacità protettiva che le acque dolci e i sedimenti hanno saputo portare ai reperti di tipo vegetale, animale ed alle strutture.
Gli insediamenti palafitticoli costituiscono una delle prevalenti aree di ricerca nei laghi nei quali possono ancora essere rinvenuti suppellettili, resti animali e vegetali, imbarcazioni, costruzioni abitative, opere di contenimento ed altre infrastrutture. Rispetto ai siti che esamineremo più avanti, lo studio delle emergenze preistoriche richiede uno scavo ed un rilevamento molto più accorto e dettagliato poiché la fragilità del contesto e dei reperti, oltre che la necessità di operare una accuratissima analisi stratigrafica, trasformerebbero il minimo errore in un danno irreparabile. I laghi e le lagune hanno conservato il loro interesse da parte dell’uomo anche dopo la preistoria, spesso non più per le loro vitale funzione di approvvigionamento idrico, sostentamento e protezione dagli animali e dai nemici ma anche per la felice ubicazione geografica o per l’amenità dei paesaggi.
E’ quindi frequente il rinvenimento in prossimità dei laghi, e talvolta sommersi negli stessi, dei resti di ville antiche, templi, terme, teatri, insediamenti commerciali e produttivi di tutte le epoche. Una statua è stata da noi rinvenuta, ad esempio, nel corso di uno scavo che abbiamo condotto proprio sui resti sommersi di una antica costruzione nel lago Albano o di Castel Gandolfo. Una laguna o un lago quindi, possono essere stati oggetto di presenze, di insediamenti umani e di navigazione per un tempo estremamente lungo e dopo una prima fase di solo utilizzo, l’uomo ha anche provveduto ad adattare i laghi ai propri scopi aggiungendo infrastrutture portuali, banchine, dighe e talvolta scavando emissari per regolarne il livello. Generalmente il lavoro archeologico subacqueo in questi ambienti consente, nel caso dei nostri laghi, una certa facilità nell’organizzazione logistica; da contro non può contare quasi mai su una buona visibilità e una volta superati, se possibile, i problemi di inquinamento resta da combattere il freddo.
Altro ambiente importante riguarda i fiumi che costituivano il passaggio dal mare alla terra per cui il circondario diventava zona di frequentazione ed attestazione per abitazioni, attività commerciali e, conseguentemente, di culto e svago. Oltre a tracce di navigazione è possibile quindi rinvenire i resti di tutto ciò. Le ricerche nei fiumi vanno affrontate con la massima attenzione anche per la sicurezza degli operatori che viene messa a rischio dalla corrente, dagli eventuali oggetti che questa trascina e soprattutto per l’elevato carico inquinante che oggi li caratterizza quasi tutti. Queste immersioni, anche se spesso sono svolte a basse profondità, sono da considerare ad alto rischio e va attentamente valutato sia l’impiego di attrezzature molto impegnative e di personale esperto sia di procedure specifiche di immersione e disinfezione delle attrezzature.
Un ’altra grande area di intervento dell’archeologia subacquea è quella costituta dagli insediamenti di terra successivamente sommersi dalle acque. Si tratta di contesti locali di variazione dei livelli del mare o del suolo che ci hanno regalato degli squarci di storia avvolgendo nelle acque città ed installazioni nate come semi sommerse o totalmente asciutte.
Se consideriamo la diffusa opinione che negli ultimi 3 o 4 mila anni il mediterraneo ha subito variazione contenuta intorno i 50/80 cmi possiamo affermare che eventuale inabissamento di queste aree sia frutto di situazioni locali come l’erosione costiera, il bradisismo negativo, l’interramento e successiva sommersione. Baia, ad esempio, oggi si trova sotto la superficie del mare da pochi metri a meno 15/16. Ad Anzio, alcuni anni fa, avemmo l’opportunità di studiare un giacimento archeologico sommerso ricco di manufatti architettonici (statue, colonne, murature, architravi, ecc.) che è soggetto alla copertura e scopertura secondo l’andamento e l’intensità delle correnti. Il vantaggio che si ha nell’affrontare siti del genere è costituito dalla omogeneità delle aree. Si tratta di enormi pezzi contemporanei di storia la cui conservazione è essenzialmente legata all’effetto del moto ondoso sia in termini di danneggiamento sia di sterramento ed interramento.
Il fatto che, generalmente, presentino più ridotti effetti di distruzione e depredamento da parte dell’uomo rispetto a quanto sia successo per gli insediamenti rimasti a terra, conferisce poi valore aggiuntivo a questi siti che vengono studiati facendo proseguire in mare le operazioni di scavo e rilevamento che avvengono a terra. Si rimuovono i sedimenti, spesso presenti in enormi quantità, che li ricoprono; si analizza la stratigrafia; si rilevano topograficamente spesso sfruttando la vicinanza con la costa per il collegamento con i capisaldi a terra. La vicinanza alla costa e la contenuta profondità costituiscono un vantaggio mentre l’estensione e la ricchezza degli stessi anziché costituire un vantaggio, ad oggi in Italia, restano ancora un handicap. Permangono infatti oggettive difficoltà di controllo, per operare una tutela capillare, per la musealizzazione o la valorizzazione di una enorme quantità di reperti e strutture e, spesso, per la mancanza di una progettazione ad ampio respiro.
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