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venerdì 28 maggio 2021

Mondi sommersi e sotterranei (11): Archeologia subacquea: Porti, Peschiere e Punti di ancoraggio

Archeologia subacquea: Porti, Peschiere e Punti di ancoraggio (Mario Mazzoli - ASSO)

I porti rappresentano un ponte tra il mondo solido e quello liquido e, in alcuni casi, ancora oggi ne restano vive tracce delle strutture esterne e di quelle sommerse. Una lettura dei rilevamenti topografici e dei dati che emergono dagli studi specifici può fornire indicazioni sulle tecniche e materiali impiegati nella costruzione, sulla funzionalità e sull’estetica che li caratterizzava, oltre che sui motivi per i quali sono stati costruiti in un certo posto o perché siano stati modificati nel tempo. Ciò che resta degli antichi porti è infatti l’eredità di millenni di traffici in cui si è prima cercato di utilizzare i ripari naturali, poi di adattarli, poi integrali con strutture artificiali sino poi alla vera e propria escalation costruttiva ottenuta grazie all’apporto innovativo delle malte idrauliche. 

Queste ultime e l’evoluzione delle tecniche di ingegneria idraulica hanno consentito agli antichi di realizzare opere che spesso resistono ai millenni. Lo studio di queste strutture porta una miriade di informazioni non solo sulla tecnica delle costruzioni ma anche sui traffici. Dietro i porti erano spesso presenti altre installazioni nate a terra e oggi talvolta sommerse come magazzini, cantieri navali, officine, abitazioni e portici che sono oggetto di studio integrato perché il “paese porto” possa essere analizzato come un tutt’uno. Frequentemente porti moderni coprono quelli antichi come nel caso di Ponza dove rilevammo sotto la banchina borbonica le tracce del preesistente porto antico rivenendo ancora sul posto il tavolato e i pali che costituivano le casseforme nelle quali fu gettato il calcestruzzo. L’utilizzo protratto nel tempo fa dei porti dei contenitori di testimonianze di tutti i tipi e di tutte le epoche. Materiali ceramici e ferrosi, navi affondate e oggetti di vita antica fanno spesso da contorno agli immancabili rifiuti moderni ed ecco perché lo studio di quelli ancora attivi chiede di affrontare problemi legati al traffico di navi e di imbarcazioni e della protezione degli operatori dall’inquinamento organico e inorganico. Altra area di “architettura di mare” meritevole di attenzione è quella delle peschiere. Nate funzionalmente come infrastrutture per l’allevamento dei pesci sono diventate poi, nell’epoca classica, vere proprie opere di grande respiro al punto di rappresentare un vero status symbol per i proprietari. 

Sulla funzionalità delle peschiere ai fini di allevamento e di magnificenza esistono molti riferimenti e in alcuni di questi sono anche citate delle navi vivaio che trasportavano pesci rari per arricchire queste vere e proprie dependance regali. Nel caso delle “Grotte di Pilato” presso l’isola di Ponza, un complesso interamente scavato nella roccia e prevalentemente sotterraneo, abbiamo effettuato scavi e rilevamenti rilevatisi utili a migliorare le conoscenze sulla costruzione e sulla funzionalità dell’opera. Durante questi lavori sono venuti alla luce una serie di reperti che hanno contributo anche a collocarne le caratteristiche costruttive e delle decorazioni nell’ambito del Lazio e della Campania in modo particolare con Baia e zone limitrofe. In questo caso, la maestosità degli ambienti, la tecnica costruttiva, i numerosi cunicoli sommersi ed emersi, i rimaneggiamenti ai quali è stata sottoposta, le ipotesi ricostruttive, il collegamento attraverso una imponente galleria alla villa soprastante ed altri indizi; lasciano chiaramente intendere il fine di bellezza e maestosità che era ricercato nell’opera e quindi la prevalenza del ninfeo rispetto alla struttura produttiva. Tra le zone più interessanti della stessa peschiera merita menzione la stanza sommersa che si trova sotto la crepidine della vasca principale. Quasi completamente interrata, fu liberata dai detriti utilizzando una potente sorbona ad acqua portandone completamente alla luce le dimensioni ed i particolari oltre che alcuni reperti che vi erano contenuti. Scavammo anche due pozzi laterali la botola che porta alla stanza, interrati e completamente sommersi. 

In ognuno fu scoperto uno stretto cunicolo mai evidenziato prima che esplorammo utilizzando tecniche di progressione speleosubacquee per constatare che lo scavo era stato interrotto in corso d’opera. Specialisti in materia formularono l’ipotesi di un utilizzo da parte di attori che, nel corso di rappresentazioni tenute nel grande ninfeo, avevano modo di simulare diverse voci collocandosi all’interno degli stretti cunicoli. Altra area ragguardevole per l’archeologia subacquea è quella dei punti di ancoraggio che assolvevano ad una funzione molto importante nell’antichità. Chi viaggiava per mare, per esigenze militari o commerciali, aveva necessità di sostare ormeggiandosi vicino costa per riposare, aspettare migliori condizioni del mare e del clima, scambiare merci o trasbordarne da una nave ad un’altra. E’ quindi possibile rinvenire reperti legati a queste attività come: ancore in ferro e piombo, materiali gettati o caduti fuori bordo, parti di attrezzature navali, strumenti ed altro. 

Lo studio di questi punti attraverso i relativi reperti consente talvolta di risalire anche alle vie di comunicazione marittime dell’antichità. Spesso si tratta di punti di sistematico attracco segnalati anche dai portolani del tempo, talvolta invece di aree piuttosto vaste e profonde sulla cui superficie si trasferivano le merci su barche a più basso pescaggio e che meglio riuscivano ad entrare nei porti o risalire i fiumi. Fuori Ostia, ad esempio, data la foce del Tevere ed il progressivo insabbiamento del porto antico, ancoravano e sostavano le grandi navi commerciali i cui carichi erano destinati a Roma. Se si pensa che una nave con 3000 anfore pesava circa 150 tonnellate, si riesce ad intuire come il pescaggio influisse sostanzialmente nella logistica. Il trasbordo avveniva generalmente in una zona adiacente il porto ma talvolta esposta ai venti e ai marosi. Gli equipaggi, quindi, erano costretti a gettare più ancore ed essendo sballottati dal mare potevano perdere dei materiali o addirittura naufragare. In questi contesti raramente si rinviene il relitto e quindi si studiano i singoli reperti, i particolari degli stessi e l’eventuale collegamento tra loro.

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