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lunedì 14 giugno 2021

Mondi sommersi e sotterranei (14): Documentaristica tra scienza e avventura, tecnica e genialità di Massimo D’Alessandro

DOCUMENTARISTICA TRA SCIENZA E AVVENTURA: TECNICA E GENIALITA’ DI MASSIMO D’ALESSANDRO (Mario Mazzoli - ASSO)

Archeologia, esplorazioni, ricerca scientifica e avventura sono ingredienti che spesso accompagnano la divulgazione. Anzi, quest’ultima si nutre dei loro contenuti e, a sua volta, riesce a veicolarli al grande pubblico che difficilmente sarebbe attratto da complicate relazioni scientifiche o da riprese di due ore necessarie a documentare il superamento di una micidiale strettoia da parte di uno speleologo. Conseguentemente, il successo di un documentario, per chi scrive, è decretato dal raggiungimento, o meno, di un delicato equilibrio tra le due prospettive complementari: quella del rigore e della credibilità dei contenuti con le modalità di divulgazione. Mettere su una storia credibile e avvincente; questo generalmente è l’obiettivo di un buon doc. Ne parliamo con Massimo D’Alessandro, regista e autore che, affiancato da Maria Teresa Pilloni in veste di produttore esecutivo, ha realizzato diversi documentari di successo, molti dei quali basati su ricerche e storie di ASSO. 

D: Chi è Massimo D’Alessandro? R: Nasco come informatico ma sono sempre stato un appassionato di teatro e di cinema del quale ho sempre apprezzato non solo moltissime opere ma anche le modalità e le tecniche con le quali alcuni argomenti e situazioni venivano e vengono trattate. D: Ti sei quindi interessato da subito anche a quanto ci sia dietro un’opera cinematografica? R: Si, e devo dire che forse è proprio questo che mi ha sempre affascinato; capire come vengano veicolate sensazioni, emozioni, la scelta delle luci e delle inquadrature, il mix tra immagini e musiche .. un equilibrio o una forza d’insieme che cambia di volta in volta, da scena a scena da momento a momento. D: Cosa racconti nei tuoi documentari? R: Principalmente storie di persone contestualizzate nelle tracce della storia antica o nel mondo dell’avventura e della natura. Storie delle persone stanno anche dietro alla presentazione di luoghi del passato e quando questi vengono proposti cerco sempre di dare un cenno verso chi li abbia realizzati o che oggi li stia riscoprendo o studiando. Si tratta quasi sempre di un “viaggio” in un contesto archeologico o avventuroso letto dalle emozioni di chi lo pratica e, ovviamente, dello spettatore. D: Questa risposta mi fa tornare alla mente ciò che mi disse una suora, che sedeva vicino me, dopo aver assistito alla proiezione del tuo “Panta rei, tutto scorre” dedicato all’esplorazione delle grotte sommerse di Diros. “Pensate di aver realizzato un documentario di avventura ma invece si tratta di un’opera mistica. 

La grotta è il palcoscenico ma il filo conduttore è introspettivo: la sete di avventura, il timore per l’ignoto, il buio che ti chiama la sfida interiore degli esploratori .. veramente bello e educativo”. R: Beh, non tutte le ciambelle riescono con il buco come in quel caso ma lo sforzo costante è proprio di quello di saltare continuamente dalle cose o dai luoghi alle persone. D: Quale è il principale impegno nel realizzare un tuo doc? R: Puntare al costante bilanciamento tra la credibilità dei contenuti e la necessità di tenere sveglio lo spettatore senza cadere, viste le materie trattate, in facili rappresentazioni da superuomini o superdonne oppure in aggettivazioni roboanti. Molti sono i documentari che esaltano personalità o situazioni, a mio avviso, in modo esagerato passando per straordinarie attività di certo non fantascientifiche. Pur nella ricerca costante di motivare lo spettatore a rimanere a guardare, credo ci sia un limite molto sottile tra l’emozione e il rambismo o le sparate clamorose. Non è facile ma cerchiamo di non valicare questo impalpabile limite. D: Quindi il tuo approccio è stato immediatamente rivolto verso la regia. R: Ho iniziato insieme a Marco Campolungo, eccezionale cameraman e grande amico, con il trailer della ASSO sperimentando un approccio partecipativo da parte di tutti i componenti del team. 

La partecipazione degli esploratori ASSO non si limitò alle riprese in corso di diversi lavori e ricerche ma fu estesa alle fasi di selezione delle riprese e al montaggio. Un’esperienza molto interessante ma, eufemisticamente, poco proficua. Qualcuno era innamorato di alcune immagini altri di diverse, io toglierei questo e tu quest’altro. In breve: dopo diversi documentari e molti successi internazionali non abbiamo ancora finito i cinque minuti del promo della ASSO. D: Allora come fai? R: Butto giù una storia, chiedo pareri e suggerimenti a specialisti dell’argomento, mi documento, concordo lo showreel con gli altri autori, guardo le riprese vedo ciò che manca e le procuro oppure le giriamo, monto una prova, la verifico con un team ristretto, rielaboro il tutto, concordo i testi e scelgo le musiche, bozza semi definitiva e controllo finale da parte del team ristretto D: Pur essendo una organizzazione nota e aver ricevuto numerosi riconoscimenti anche internazionali per i tuoi doc, si tratta pur sempre di una realtà di nicchia. Non è quindi possibile avvalersi di tutte le figure professionali che sarebbe auspicabile avere nei progetti. Spiega come ti regoli per le sceneggiature, la direzione della fotografia per inquadrature, movimenti di macchina. R: Semplice, generalmente lo faccio io. D: Dici sempre che la tua principale difficoltà, quando operi per ASSO, è quella di far diventare degli esploratori anche un po’ attori. R: Effettivamente questo costituisce spesso un problema. 

Per motivi pratici ed economici siamo costretti a far coincidere le operazioni tecniche con le riprese e ciò, pur conferendo grande spontaneità e realismo, pone diversi problemi. Chi va di qua chi va di la, attrezzature in mezzo, i tecnici presi dalla loro specifica mansione nell’operazione, commenti talvolta irripetibili che ti costringono a eliminare l’audio o a registrarlo di nuovo, quasi nessuno che ti dia retta. D: Come li convinci a collaborare accettabilmente? R: Basta ricordare a tutti che ho sempre la possibilità di pubblicare i backstage o di realizzarci un intero film tragicomico. Tutti diventano bravi all’istante, ma dura poco. D: Come si procede quindi sul set? R: Dopo aver condiviso gli obiettivi della giornata cerco di esplicitare quello che vorrei realizzare e, per capire come potrebbe funzionare meglio, ascolto attentamente gli altri. Certo, ho le mie manie e talvolta quando chiedo di ripetere la scena sono oggetto di commenti non proprio lusinghieri ma sono i miei amici e poi, fino a che il mio archivio di backstage è intatto e custodito in un luogo segreto, li tengo in pugno. 

Per informazioni: www.massimodalessandro.com






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