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mercoledì 16 giugno 2021

Mondi sommersi e sotterranei (extra): Quanti vuoti sotto la città. Cosa nasconde il sottosuolo della città eterna.

QUANTI VUOTI SOTTO LA CITTA'. Cosa nasconde il sottosuolo della città eterna. (Mario Mazzoli, General Manager A.S.S.O. Onlus)


Si apre una voragine, si forma una grande buca che espone e danneggia impianti idrici, elettrici e, talvolta i fabbricati soprastanti. Episodi spesso dovuti a un’intricata rete di gallerie sotterranee, anche a più livelli, scavate in passato a vario titolo ma in prevalenza per l’estrazione di materiali da costruzione vulcanici come il tufo e la pozzolana, oppure sedimentari come ghiaie, sabbie e argille. Alcune cave sono state successivamente utilizzate come aree di culto e cimiteriali, catacombe e ipogei privati mentre altre sono state impiegate in tempi successivi come depositi e fungaie. 

Molti sono gli studi di tipo archeologico e geologico-geotecnico riguardanti le cavità sotterranee nel territorio di Roma ma, purtroppo, questi vuoti sotterranei sono conosciuti in modo incompleto oppure, in alcune situazioni locali, sono stati ignorati edificando nella zona soprastante abitazioni e infrastrutture senza operare idonee bonifiche, con tutte le conseguenze del caso. Un antefatto. Era il 1994 e a seguito di studi precedenti e ispezioni in diverse città fu subito chiaro che il sottosuolo di molte aree urbane era praticamente terra di nessuno. Guidato da un approccio rivelatosi quasi subito troppo ottimistico pensai di proporre al Comune di Roma una scelta organizzativa pratica per affrontare un tema così vasto e multidisciplinare. 

La proposta divenne un progetto, non a caso denominato HYPOGEA URBIS. 

Dopo un paio d’anni di infruttuosi tentativi per identificare una controparte che potesse fungere da capo commessa per tutte le organizzazioni (pubbliche, municipalizzate, private o pseudo tali) che mettono mano, o dovrebbero mettere mano, nel sottosuolo, ne pubblicai la sintesi. Grande successo e molto credito venne da parte degli specialisti (geologi, idrogeologi, speleologi, ingegneri, paesaggisti, archeologi, ecc.) ma poco o nulla da parte degli Enti locali e di quelli deputati alla ricerca. Non si trattava certo di una soluzione miracolosa o di una intuizione da marziani ma di sicuro anticipava il crescere di numerosi problemi e identificava con chiarezza l’urgente necessità di un coordinamento scientifico e operativo tra tutte le articolazioni della pubblica amministrazione impattate. Forniva anche alcune soluzioni organizzative rispettose delle prerogative dei molti attori. 

Il trascorrere degli anni ha solo parzialmente migliorato la situazione rispetto a quanto si sarebbe potuto fare e qui sta il problema. Una situazione storicamente molto complessa che presenta rischi ed opportunità multisettoriali non può essere affrontata tramite la frammentazione delle attribuzioni e delle controparti. In sintesi: la competenza c’è, l’organizzazione meno. Questi vuoti sono una eredità del passato remoto mai affrontata in modo integrato nel passato recente. Non a caso il progetto HYPOGEA URBIS nel suo sottotitolo recitava “.. per la costituzione di una organizzazione finalizzata al censimento, rilievo, studio, monitoraggio, pianificazione, valorizzazione e utilizzo degli ambienti ipogei in aree urbane”. L’intento era quindi di indentificare uno strumento che potesse affrontare la tematica sottosuolo delle aree metropolitane nella sua completezza e in un’ottica interdisciplinare per censire, studiare, documentare e controllare in modo integrato ed esaustivo gli ambienti sotterranei vecchi e nuovi. Stiamo parlando di catacombe, acquedotti, cave, cripte, cunicoli, fogne, cisterne, sotterranei, rifugi, cavità naturali, zone di sepoltura, mitrei, cantieri sotterranei, tunnel metropolitani e ferroviari, tracciati e condutture per impiantistica e servizi, camminamenti e fortificazioni militari. Si puntava a centralizzare l’approccio al problema e l’inquadramento della tematica, elementi indispensabili per addivenire ad una visione univoca e per interventi coerenti con lo scenario. 

L’esatto contrario di quanto è avvenuto negli anni successivi, nonostante le sollecitazioni dei professionisti e sporadici contatti con i rappresentanti di tutte le Giunte Comunali che si sono succedute. E’ successo ciò che qualcuno, più sveglio di chi scrive, aveva già predetto: “Il progetto è ben congegnato, ragionevole e necessario ma non credo riuscirai ad attivarlo. L’integrazione, che costituisce la sua forza, è anche la sua debolezza perché te l’aspetti da strutture pubbliche che ragionano diversamente”. Torniamo al tema su tre aspetti rilevanti. Il primo: i vuoti nel sottosuolo non sempre sono un problema ma possono anche rappresentare una opportunità per riutilizzi e valorizzazione. Il secondo afferisce agli impianti delle municipalizzate gestiti negli anni in modo totalmente autonomo e disordinato. Il terzo è riferito alla pesante eredità in materia che si assume chi prende il governo della città; è facile parlare di strategie ma è impossibile aspettarsi da chiunque miracoli che non riguardino aree circoscritte. Come si diceva, per il fatto che si sia persa la memoria della presenza di moltissimi vuoti sotterranei è difficile stabilire quale sia il contributo alle condizioni di rischio che tale fenomeno causa, incidendo anche sulla vulnerabilità delle strutture soprastanti o degli impianti limitrofi. In alcuni casi si verifica il crollo della cavità fino all’apertura di vere e proprie voragini in superficie mentre, altrove, le cattive condizioni di stabilità sono dovute alle reti idriche e fognarie le cui perdite degradano le caratteristiche geomeccaniche del materiale nel quale la cavità sia stata scavata. 

L’analisi di questi vuoti, dal punto di vista professionale, richiede il supporto di tecnici specialisti che forniscono alle amministrazioni pubbliche e ai privati delle valutazioni del rischio, progetti per opere di prevenzione o risoluzione di gravi fenomeni di sprofondamento del suolo indotti dal collasso di calotte, pilastri o setti di roccia che costituiscono gli ipogei. L’interesse per questi ambienti è anche storico culturale poiché idonee politiche di valorizzazione possono portare positive ricadute socio economiche e non solo elementi di preoccupazione per la pubblica e privata incolumità. 

Ciò implica però un costante impegno verso la definizione delle geometrie dei vuoti sotterranei, dei modelli geologici e geotecnici, delle infrastrutture presenti sopra le cavità, dell’uso del suolo nelle aree circostanti, delle analisi di stabilità e del loro controllo e monitoraggio nel tempo. Il tutto attraverso delle fasi di lavoro che riguardano il censimento e catalogazione delle cavità; l’analisi della pericolosità territoriale; le tecniche e procedure di monitoraggio, il consolidamento, la valorizzazione e l’eventuale fruizione. Oltre agli specialisti, tra coloro che chiedono un approccio del genere ci sono gli speleologi che, a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, hanno censito e documentato in Italia migliaia di sotterranei artificiali di interesse storico e antropologico e che, nell’ambito della Società Speleologica Italiana, hanno sviluppato un data base regionale denominato “Catasto delle cavità artificiali italiane” mediamente ignorato dalle Istituzioni sino a poco tempo fa. 

Tra le prime municipalità ad attrezzarsi in materia, invece, si conta Napoli con la sua banca dati territoriale che riunisce e sistematizza, in un quadro conoscitivo dettagliato, informazioni georiferite relative alle cavità, all’assetto geologico del sottosuolo ed ai fattori predisponenti gli sprofondamenti. Per concludere, diversi sono stati e sono i Gruppi di Lavoro e gli Uffici Pubblici che studiano e operano sul tema ma ciò di cui si sente la mancanza è un coordinamento pratico ed operativo che estenda la sua portata dall’emergenza alla pianificazione e al monitoraggio esteso delle situazioni a maggiore rischio. 

In termini pratici, chi abbia sospetti di tali rischi oppure ne conosca cause o effetti non può che rivolgersi al Municipio di appartenenza. Questo avrà l’onere di contattare i relativi uffici comunali per valutarne il livello di rischio e la conseguente urgenza.



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