Pagine

martedì 26 aprile 2022

Alla scoperta del mistero dell'antica e fiorente città di Bisenzio (da L'Informazione del 22 aprile 2022)

L’antica città di Bisenzio, crocevia dell’Etruria meridionale sulla riva sud-occidentale del lago di Bolsena, e il mistero della sua scomparsa. Questo vogliono indagare gli archeologi che dal 2015 stanno studiando il sito in provincia di Viterbo. Tra gli studiosi impegnati in questo importante progetto diretto dal dottor Andrea Babbi, c’è anche Davide Ivan Pellandra, sammarinese, archeologo libero professionista, che ha studiato a Roma e si è specializzato all’Università di San Marino al dipartimento di studi storici. Italia, Turchia, Grecia, Spagna i paesi in cui ha prevalentemente lavorato e lavora. In questo periodo si è concentrato in questi scavi mirati a studiare l’antica città di Bisenzio, fiorente insediamento sviluppatosi tra l’Età del Bronzo e l’Età Arcaica. “Questo progetto – ci spiega Davide Pellandra - avviatosi sette anni fa, cerca di capire perché sulla sponda sud occidentale del lago di Bolsena, una città così importante nell’epoca villanoviana, che precede quella etrusca, abbia interrotto il suo sviluppo”. 

Lo studio guidato dal dottor Babbi è cominciato utilizzando una serie di tecniche innovative: uso di droni, geo-radar e altre tecniche non invasive per cercare di documentare l’estensione dell’insediamento e per raccogliere quanti più dati possibile (vedi anche a lato). Poi, con una concessione ministeriale del 4 gennaio 2022, Decreto numero 1, gli archeologi hanno avuto il permesso di compiere indagini più approfondite, non solo di superficie, ma anche più invasive con carotaggi e scavi. Nello specifico sono stati avviati scavi archeologici subacquei. 

Anche io – racconta Davide - ho preso parte a questi scavi subacquei assieme ai tecnici della Asso (Archeologia speleologiasubacquea organizzazione). Si tratta in sostanza di ricerche e scavi in immersione, in questo caso nelle acque del lago di Bolsena in una profondità che va dai 2 metri e mezzo ai 12 metri. Devo dire che abbiamo trovato diversi reperti che ci aiuteranno a dare delle risposte agli interrogativi che stiamo cercando di risolvere”. Ma come si svolge uno scavo subacqueo? Ce lo spiega lo stesso Davide: “Sulla base di alcune indicazioni fornite da Andrea Babbi, con un gruppo di sub specialisti abbiamo individuato alcuni punti del fondale dove effettuare delle prospezioni. In queste aree abbiamo cercato di capire che cosa potesse celarsi sotto la coltre di fango. Attraverso degli appositi macchinari come ad esempio una sorbona, una sorta di grande aspirapolvere che crea il vuoto e aspira sabbia e fango, si procede a dei veri e propri scavi stratigrafici sott’acqua intervenendo con le mani per recuperare i reperti: frammenti di vasi, ossa, utensili… Ecco, abbiamo fatto proprio questo. Per due settimane abbiamo proceduto con degli scavi che dovrebbero portarci e confermare la presenza di un porto e di zone insediative. Scavi che dovrebbero dare conferma di tutte le ricognizioni fatte in una prima fase con metodi non invasiviSignificativo il ritrovamento di ossa di animali: “ci consentiranno anche di risalire a quale fosse la dieta di quel periodo”, spiega Davide Pellandra. 

Gli archeologi avevano a disposizione tre barche, un gommone e due barchini in appoggio tecnico. Poi la loro esperienza, le loro mani e il loro impegno, in condizioni non proprio agevoli se si pensa che le immersioni sono state effettuate in acque con temperature tra gli 8 e i 10 gradi. Temperature difficili da sopportare per tempi lunghi. “Nel caso specifico di Bisenzio è molto importante recuperare e classificare i reperti. La città importava vasi bellissimi di epoca arcaica, per fare comprendere quelli con figure dipinte di colore nero. Vogliamo capire il crepuscolo di questa città. Sott’acqua, se da un lato il limite è il freddo unito alle difficoltà legate all’attività di scavo in profondità, il vantaggio per gli archeologi è che l’ambiente subacqueo riesce a mantenere e conservare in maniera migliore i reperti”. Sarà importante attraverso i rilievi stratigrafici, i reperti e le ulteriori ricerche, tentare di collegare la variazione dell’insediamento all’innalzamento e abbassamento del livello delle acque del lago. Fondamentale per capire che cosa ci fosse 3000 anni fa dove adesso c’è acqua o fango o terraferma. Per questo lo studio dell’area è multidisciplinare e impegna non solo archeologi, ma anche, ad esempio, geologi e altri studiosi. Adesso il prossimo passaggio sarà “lo studio dei reperti archeologici rinvenuti. Personalmente - spiega Davide - ho curato con Andrea Babbi la redazione dei rilievi subacquei. Quindi ho, diciamo così, riportato in bella copia gli schizzi a matita realizzati su tavoletta o su appositi fogli di poliestere, materiale specifico per fare disegni sott’acqua. Poi i dati ricavati da questi scavi faranno parte di uno studio che verrà pubblicato sulle riviste scientifiche”. 

Antonio Fabbri

Che cos’è il progetto Bisenzio diretto dal dottor Andrea Babbi

Il Progetto Bisenzio nasce come progetto di ricerca multidisciplinare triennale, finanziato inizialmente dalla DeutscheForschungsgemeinschaft (DFG), sotto gli auspici della Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell’Etruria Meridionale e di fatto reso possibile in principio dalle autorizzazioni da questa concesse ed oggi dalla concessione ministeriale. Il team internazionale di ricerca è composto da prestigiosi Istituti di Ricerca, tra i quali l’ISPRA, ed è diretto dal Dr. Andrea Babbi ricercatore CNR ISPC. 

Scopo del progetto è lo studio della città “Etrusca” di Bisenzio. Il primo triennio di ricerca si è concluso nel dicembre 2017. Nel luglio 2021 ha avuto avviola seconda fase delle ricerche che consentiranno di approfondire, anche attraverso la realizzazione di carotaggi nella terraferma e nell’area del lago, il quadro delle conoscenze relativo alle trasformazioni ambientali avvenute nel corso del lungo periodo di frequentazione del sito. Ubicato lungo le sponde del settore sud-occidentale del Lago di Bolsena, l’insediamento di Bisenzio fiorì tra il IX e gli inizi del V secolo a.C. Una evidente espressione della vitalità della comunità che viveva questo territorio sono i ricchi e numerosi corredi funerari rinvenuti, attualmente in mostra presso numerosi musei e, in particolare, presso il Museo Nazionale Etrusco di Viterbo e il Museo di Villa Giulia in Roma. 

Il Progetto si propone di realizzare uno studio ampio e approfondito del sito di Bisenzio considerato come un sistema articolato in insediamento, suburbio e aree di necropoli, profondamente e dinamicamente interconnesso al territorio circostante. Le attività di ricerca realizzate da ISPRA mirano alla ricostruzione dell’evoluzione del paesaggio, nell’intervallo di tempo compreso tra l’Età del Bronzo e dell’Età Arcaica ed al riconoscimento ed allo studio delle tracce dell’organizzazione e dell’uso del territorio, attraverso lo studio dell’assetto geomorfologico e pedologico dell’area, il riconoscimento e l’analisi delle forme e dei depositi in relazione ai processi morfogenetici che le hanno prodotte e, infine, allo studio dell’assetto stratigrafico locale. 

(Tratto da www.isprambiente.gov.it e aggiornato per il presente articolo)

Dopo quasi 1.500 anni di ininterrotto splendore, la città si eclissò. Droni e tecniche innovative oltre a scavi subacquei alla ricerca di reperti 

Al principio del quinto secolo a.C., dopo quasi mille e cinquecento anni di ininterrotto splendore, Bisenzio pare eclissarsi repentinamente. È verosimile che un simile destino sia stato causato dal nuovo assetto socio-politico dei networks urbani dell’Etruria meridionale: l’affermazione dei grandi centri urbani di Vulci, Tarquinia, Orvieto, oltre all’inarrestabile innalzamento del livello lacustre generato forse da vari fattori, tra cui quello climatico. Nonostante la sua importanza, la conoscenza del sito, tanto archeologica quanto ambientale, è ancora oggi lacunosa e asistematica. 

Il progetto Bisenzio (concessione ministeriale del 4/01/2022 Decreto 1), attraverso l’impiego di indagini non invasive, come ricognizioni archeologiche di superficie, geofisica, telerilevamento e indagini cosiddette invasive, quali carotaggi, limitati e mirati saggi di scavo archeologico, integrate allo studio dei contesti recuperati nel passato e dei dati di archivio, ambisce a tratteggiare un quadro di lunga durata e di ampio respiro. L’obiettivo ultimo è quello di offrire una lettura articolata che, considerando tanto le evidenze culturali (contesti abitativi e sepolcrali, strutture difensive, tessuto viario) quanto quelle naturalistiche (evoluzione del manto vegetale, specie coltivate, fauna selvatica e da allevamento), restituisca alla storia uno dei crocevia più importanti dell’Etruria meridionale interna. 

Il progetto Bisenzio, finanziato inizialmente dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft e attualmente sostenuto dalla Fondazione Fritz Thyssen, è diretto Andrea Babbi, ricercatore CNR ISPC in collaborazione con il Centro Ricerche Leibniz per l’Archeologia del Römisch-Germanisches Zentralmuseum di Mainz e l’Arbeitsbereich fürKlassische Archäologie dellaJohannes Gutenberg-Universität di Mainz.

(Tratto da www.ispc.cnr.it)

QUI DI SEGUITO L'ARTICOLO INTEGRALE:



Nessun commento:

Posta un commento