Lungo la costa sud-occidentale del lago di Bolsena, il lago vulcanico
più ampio d'Europa, si distingue
il profilo verde cupo di un grande
promontorio. Il nome "Bisenzo"
attribuito a questo monte dalla cartografia
e dalle cronache storiche ricorre come
"Bisenzio" nei documenti contemporanei. Nel
tempo il profilo dell'altura è cambiato solo in
parte. Alle falesie orientali che si immergono
scoscese nelle acque color smeraldo, fanno da
contraltare il meno ripido versante nord/nordoccidentale
e i dolci declivi punteggiati d'ulivi
che da ovest a sud-est trascolorano in dorati
campi di cereali.
La regione di Bisenzio, oggi nel territorio del
suggestivo borgo di Capodimonte (Vt), nell'antichità
costituiva un fondamentale punto di raccordo
tra il dinamico mondo della costa tirrenica,
i ricchi giacimenti metalliferi della Toscana
centro-meridionale e i verdi pascoli del monte
Amiata da un lato, e le vivaci realtà delle valli
del Paglia* e del Tevere così come dell'Agro Falisco-
Capenate* dall'altro. Da parte sua il lago
garantiva rapidi contatti tra le sponde oltre a una
inesauribile riserva d'acqua e cibo.
Una situazione ecologica
favorevole all'insediamento
La funzione di Monte Bisenzio come
presidio a controllo dei traffici lungo
la sponda occidentale del lago è confermata
dalle caratteristiche antiche della
corrispondente nicchia ecologica del territorio.
Durante il II millennio a.C. il manto
vegetale delle colline circostanti era verosimilmente
più esteso e fitto di oggi e il livello
del lago più basso. Dunque il promontorio
era posto al centro di un'ampia fascia peri lacustre
pianeggiante che catalizzava la movimentazione
di beni e persone. Questa condizione
di optimum ecologicum e strategico
assicurò alla comunità residente una ininterrotta
fioritura tra il li millennio e gli inizi
del V sec. a.c. «L'isola più grande è oggi
chiamata Bisentina, dalla città di Bisentino,
le cui rovine sono visibili su un colle vicino
». Con queste parole Pio II, in visita a Capodimonte
nel 1462, affida alla storia l'immagine
di un Monte custode di memorie urbane.
Sebbene i ruderi citati possano essere
attribuiti al castello medievale che per lungo
tempo coronò l'altura, colpiscono i concetti
di urbanità e influenza associati alla
comunità di Bisenzio. È possibile che la percezione
di un antico e fulgido passato abbia
preso forma tra i locali nel corso del Rinascimento.
Una "cronica" della non lontana città
di Castro permette di datare alla fine del
Cinquecento la scoperta di «molte sepolture
con cadaveri dentro di gran statura» nei
campi circostanti il Monte.
E' solo alla fine dell'Ottocento che ha inizio
una lunga stagione di ricerche più
propriamente scientifiche, sebbene inizialmente
caratterizzate da un approccio
antiquario, dunque motivato da intenti di
raccolta e collezionismo. Tali indagini, focalizzate
eminentemente sul mondo dei morti,
sono proseguite fino agli scorsi anni Novanta
e documentano una realtà inattesa. A sud e a
ovest del Monte si susseguono numerosi nuclei
sepolcrali talvolta caratterizzati da una
lunga continuità d'uso fra IX e V sec. a.C. A
nord-ovest invece, lungo le forre tra le colline,
è un proliferare di tombe a camera sapientemente
intagliate nel tufo, a volte rifinite da
motivi lineari dipinti in rosso. La ricchezza
dei corredi, la varietà delle strutture funerarie
tra cui almeno due tumuli/ circoli di pietre,
l'esistenza di strade sepolcrali in un caso con
bassi muretti perimetrali forse abbelliti da statue
zoomorfe in pietra e la presenza di strutture
(per esempio un deposito votivo) verosimilmente
'funzionali al corretto svolgimento dei
rituali funebri riflettono una complessa articolazione sociale e un'accentuata dinamicità del
corpo civico. Infine, la cultura materiale testimonia
alcuni tratti affini a quelli di aree geografiche
limitrofe, come possono essere la miniaturizzazione*
e le urne a capanna della prima
età del Ferro di ambito laziale (IX-VIII sec.
a.C.). Altri manufatti attestano invece la partecipazione
diretta o indiretta a circuiti di scambio
di respiro mediterraneo ( ad esempio il famoso
carrello bronzeo avvicinabile ai repertori
sardi, ciprioti e cretesi; alcuni vasi sempre in
bronzo con vasca baccellata di ascendenza vicino
orientale; vasi in argilla di forma affine al
cratere con motivi dipinti egeizzanti e quelli
con decorazione dipinta in rosso e nero su fondo
bianco riecheggiante repertori cretesi, ciprioti
e vicino orientali).
Un importante centro
dell'Etruria meridionale
Solo a partire dagli anni Settanta del secolo
scorso si è rivolta maggiore attenzione
all'abitato. Lo scavo di Maria A.
Fugazzola Delpino e Filippo Delpino sulla
sommità di Monte Bisenzio ha portato in luce
tracce di strutture residenziali di fine II millennio
a.C. Negli stessi anni le ricognizioni
di superficie di Klaus Raddatz
e Ji.irgen Driehaus (Università
di Gottingen) hanno documentato
la presenza nei campi sottostanti di
frammenti ceramici databili tra IX e inizi
del V sec. a.e. I risultati di queste
ricognizioni hanno indotto ad
annoverare Bisenzio tra i più importanti
centri protostorici dell'Etruria
meridionale. Infine, il rinvenimento
sul fondale antistante
l'altura di una canoa monossile
datata alla seconda metà del II millennio
a.C., di vasi degli inizi del
millennio seguente e di alcune ossa
umane ha indotto a ipotizzare l' originaria
presenza di nuclei abitativi e funebri
nelle aree oggi sommerse.
La vitalità della comunità nel corso del
VII e VI sec. a.C. è confermata tanto dalla
ricchezza dei corredi funebri, quanto dal rinvenimento
di fondazioni di edifici originariamente
abbelliti da lastre in terracotta con
scene figurate. Di queste è pervenuto un
frammento con guerriero armato di scudo e
lancia: un elemento iconografico che enfatizza
le virtù militari e che documenta, come in
altre comunità urbane di età arcaica in Etruria
meridionale e nel Lazio settentrionale, la
crescente importanza della componente bellica
di stampo oplitica.
La pressoché totale assenza a Bisenzio di vasi
a figure rosse, tecnica decorativa in voga durante
il V sec. a.C., parrebbe indiziare un repentino
declino della comunità in quel periodo.
Un simile destino potrebbe essere scaturito
dalla crescente pressione esercitata da realtà urbane dell'Etruria meridionale più influenti,
come Vulci, Tarquinia e Orvieto.
Andrea Babbi
Chi sono gli autori: P. Agrafioti5, NTUAAthens; G. Anwniella,
UNITTJS Viterbo/ BDLB Gradoli; A. Babbi, CNR-JSPC
Rq,iμa / RGiM Mainz; A. Bozzani, PIXAIR Bolzano; A. Celant,
UNIROMAI - Dip. BA; F. De/pino, già CNR-ISCIMA;
M. CiganLe, Unipadova - Dip. BC; P.M. Guarino, ISPRA
GEO; H. Lancioni, Unipg - DCBB; M. Lauieri, C.'IR-IRET
Porano/ BDLB Gradoli; M. L11carini, ISPRA GEO; D. Magri,
Uniromal - Dip. BA; D. Maninucci, Anfìbia srl; M.
Mazzo/i, A.S.S.O. Roma; F. Miche/angeli, Uniromal - Dip.
BA; C. MinniLi, Unisalento - Dip. BBCC; M. Pawmese, libero
professionista; O. Sliarlaws, CUT Limassol; R. Zambrin
i, Anfibia srl.
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