Illustrare, attraverso una selezione significativa di brocche, la storia del Convento di San Pietro in Vetere e del sito di Campo della Fiera, dalla fondazione francescana di XIII secolo, fino all’abbandono nel XVII secolo, attraverso i due importanti momenti di disuso e ripresa testimoniati, l’uno, dalla peste del 1348 e, l’altro, dallo svolgimento delle manifestazioni fieristiche di XV- XVI secolo.
Questo l'obiettivo de "La storia nell'acqua. Il pozzo medievale di Campo della Fiera a Orvieto", la mostra ad ingresso gratuito promossa dall'Associazione Campo della Fiera e dalla Fondazione Marco Besso in collaborazione con l'Università degli Studi di Foggia visibile da venerdì 27 ottobre a mercoledì 20 dicembre a Palazzo Besso, Largo di Torre Argentina 11, Roma, dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 16.30.
"L'area sacra di Campo della Fiera – sottolineano gli organizzatori – è stata frequentata per oltre 2000 anni, dal VI secolo a.C. al XV secolo. Al santuario, ubicato fra Etruria settentrionale e meridionale e ai confini con i territori umbri, giungeva il percorso viario etrusco che collegava Orvieto a Bolsena e al Mar Tirreno. Le principali strutture si sviluppano attorno ad un’imponente Via Sacra, sede privilegiata di processioni religiose e di carattere trionfale.
Dal 2000 sono iniziate sistematiche campagne di scavo, dirette dalla professoressa Simonetta Stopponi dell’Università di Perugia e condotte prima dall’Università di Macerata, poi di Perugia e oggi dall’Associazione Campo della Fiera – Onlus, in collaborazione con l’Università di Foggia coordinata dal professor Danilo Leone. L’eccezionale insieme di monumenti, l’altissima qualità dei manufatti e la lunghissima frequentazione del sito non lasciano dubbi nel riconoscervi il Fanum Voltumnae, il santuario federale degli Etruschi
Il recente scavo stratigrafico del pozzo del convento, indagato per tutta la profondità dei suoi 11,20 metri, ha consentito di recuperare circa 900 brocche, la maggior parte delle quali in ottimo stato di conservazione, fortunosamente salvatesi grazie alla costante presenza dell’acqua di falda che ancora oggi percola dalle pareti della struttura. Si tratta di maioliche arcaiche di XIII-XIV secolo, maioliche e olle per acqua di XV-XVI e vasi di XVII secolo che segnano l’abbandono della struttura.
Significativo il rinvenimento di una matrice di sigillo in bronzo volontariamente annullata in quattro frammenti. La matrice raffigura un sovrano, probabilmente Filippo IV di Francia detto il Bello, seduto in trono con scettro e giglio. La datazione del sigillo, nel momento della sua distruzione avvenuta verosimilmente alla morte del sovrano, è il 1314".
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