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Tarquinia: ma che cosa succede dentro lo scavo di una tomba etrusca? (di Arianna Antoniutti da Il Giornale dell'Arte)

È una delle esperienze che capitano una volta sola nella vita: i protagonisti dell’eccezionale scoperta sulla necropoli dei Monterozzi ripercorrono il fortunato ritrovamento in corso di studio e a cui hanno preso parte diversi specialisti 

A tre mesi dalla presentazione al pubblico, torniamo sulla clamorosa scoperta della tomba etrusca rinvenuta nella necropoli dei Monterozzi di Tarquinia, ad opera della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale, che ha rivelato una scena di danza al suono del flauto, ma soprattutto la rappresentazione di un’officina metallurgica con quattro fabbri al lavoro di fronte alla fornace. Abbiamo chiesto ai protagonisti di illustrarci l’eccezionale ritrovamento e le procedure messe in atto per mettere in sicurezza l’ipogeo e le sue pitture.

«La scoperta della tomba risale alla fine del 2022, racconta la soprintendente Margherita Eichberg, ed è un esempio lampante di come l’attività di tutela delle Soprintendenze al servizio del patrimonio culturale, oltre ad impedire il degrado del territorio e lo scempio del paesaggio, porti spesso frutti preziosi e inattesi, testimonianze del nostro passato. In quei giorni, in seguito a un acquazzone si sono aperte nel terreno alcune cavità, come spesso accade nella necropoli dei Monterozzi, il cui terreno è traforato da migliaia di tombe. Di regola, in queste occasioni la Soprintendenza si limita a verificare che si tratti di tombe a camera già note e scavate nel passato e le mette in sicurezza ricoprendo l’apertura. Questa volta, invece, gli archeospeleologi della A.S.S.O., chiamati per l’ispezione, hanno trovato che una delle cavità conduceva a una piccola camera di epoca orientalizzante, la cui parete era in parte franata, offrendo l’accesso a una tomba a camera più grande e più recente, posizionata a un livello inferiore. Questa seconda tomba, che era stata già completamente ripulita dagli scavatori clandestini, una piaga che purtroppo infesta le necropoli etrusche da diverse generazioni, si è rivelata però preziosissima a causa dei fregi dipinti che ne decorano le pareti. La tomba, datata nei decenni centrali del V secolo a.C., è stata denominata n. 6438, seguendo l’ordine numerico delle tombe esistenti, e dedicata alla memoria di Franco Adamo, il grande restauratore delle tombe dipinte tarquiniesi, scomparso prematuramente pochi mesi prima della scoperta, poco dopo aver completato il restauro della Tomba dei Vasi Dipinti nella stessa necropoli dei Monterozzi, che era stata devastata dai clandestini negli anni ’60 del secolo scorso».

Daniele F. Maras, direttore del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, già funzionario archeologo del territorio di Tarquinia aggiunge: «È quindi scattata l’operazione di somma urgenza di scavo e salvataggio del complesso funerario, tramite un finanziamento straordinario del Ministero della cultura prontamente richiesto, un’azione condotta in gran segreto per non attirare l’attenzione sgradita dei “curiosi”. L’intervento ha consentito dapprima di mettere in sicurezza la piccola camera superiore, la cui volta franata è stata chiusa con una botola di sicurezza. Si è poi proceduto a scavare il corridoio d’accesso alla tomba, fino a posizionare una porta metallica di protezione, e successivamente a svuotare con criterio scientifico e documentato la camera funeraria, che è risultata piena di detriti e materiali archeologici franati dalla tomba più antica attraverso la quale è avvenuta la scoperta. Solo pochi frammenti di ceramica attica ... CONTINUA A LEGGERE SU "IL GIORNALE DELL'ARTE"