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venerdì 7 gennaio 2011

Continua la campagna di scavo della Tomba di Harwa, in Egitto

Il nostro amico archeologo Francesco Tiradritti continua nella sua impresa orami decennale di scavo e studio della tomba di Harwa, in Egitto. Vi invitiamo a leggere i suoi affascinanti diari di scavo: "Continua la rimozione dell’ampio strato che si trova nel centro del cortile e che d’ora in avanti sarà il principale fulcro degli scavi. Qui vengono rinvenuti molti frammenti di ceramica, ma niente altro. Il crollo di mattoni appare però sempre più esteso man mano che la sabbia che lo ricopre viene rimossa, e ciò ci fa ben sperare! Nell’area sud, intanto, viene asportato uno strato alluvionale adiacente al crollo di mattoni, prodotto di una delle rare anche se violente inondazioni verificatesi qui a Luxor negli anni passati. Si rivela molto spesso e compatto e, sotto di esso, appaiono grandi blocchi di pietra decorati. Uno in particolare cattura la mia attenzione. Vi è incisa parte di una scena di essiccazione del pescato. Impossibile non pensare che il blocco possa provenire dal pilastro A3 sul quale è proprio raffigurato un uomo intento a pulire e tagliare le teste ad alcuni pesci. Il blocco ritrovato questa mattina ne fa sicuramente parte. Molti dei grandi frammenti decorati ..... CONTINUA A LEGGERE I DIARI E LA STORIA DELLO SCAVO SUL SITO HARWA.IT

Nella fotografia: viso di sarcofago datato al II secolo d.C. ritrovato nella stagione inverno 2010-2011 presso il Complesso funerario di Harwa (TT 37) e Akhimenru (TT 404). Elaborazione grafica di F. Tiradritti da un’idea di O. Mosso.

«Ma quanto sangue freddo con addosso quello scafandro» (dalla Gazzetta del Mezzogionro)

Sulla scia dell’impresa di «occhio d’argento» un altro pugliese di Foggia, Gennaro Ciavarella – fotografo subacqueo e componente della Asso, organizzazione no profit nota per le sue ricerche archeologiche subacquee – si è recentemente immerso nella baia di Valona sul relitto di nave «Po».

«Solo quando ho visitato la nave - racconta - sono riuscito a comprendere il sangue freddo di Carofiglio. Ci vuole un coraggio per entrare nei corridoi della nave con la pesante attrezzatura dell’epoca. Il tubo dell’aria, che come un cordone ombelicale ti lega alla superficie, può facilmente tranciarsi o incastrarsi non permettendo la risalita e lui lo fece solo per una questione di pietà e per rendere onore alle volontarie crocerossine che tanto si prodigavano per i nostri soldati».

Quali sono le sue impressioni quando ha visitato il relitto? «La nave è adagiata sul fondo in perfetto assetto di navigazione, sembra che il tempo si sia fermato perché tutto è rimasto intatto, come se riposasse sotto una patina di fango. Ricordo le sale operatorie pronte all’uso, i sellini chirurgici intatti con ancora la pelle. E poi le cucine dove rimangono tutte le stoviglie. Ho esplorato anche lo squarcio aperto dal siluro che ha attraversato ... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO SULLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

giovedì 6 gennaio 2011

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