L’impiego di aeromobili a pilotaggio remoto sta cambiando il modo di documentare il territorio in modo agile ed economico anche per quanto riguarda le aree e i monumenti archeologici. (di Mario Mazzoli - A.S.S.O. Onlus)
L’archeologo, il geografo, il geologo e altri specialisti spendono molto del loro impegno per procurarsi immagini. Foto in proprio, ortofoto, foto aeree, dettagli, riprese tramite palloni frenati e filmati presentano caratteristiche proprie dovute al mezzo di ripresa e alla situazione nella quale sono state realizzati; raramente si prestano a più usi. Ecco perché, da quando abbiamo cominciato a proporre l’utilizzo di droni (aeromobili a pilotaggio remoto o APR), le esperienze si sono moltiplicate a velocità impressionante. L’uso di questi velivoli presenta un rischio contenuto e consente molteplici opportunità. Ci riferiamo però a un impiego professionale, sfatando il mito che basti un corso di pilotaggio e l’acquisto di un bel drone per fare un lavoro credibile, quando ciò sarebbe sufficiente solo per giocare. Un risultato concreto – e fruibile anche dalla comunità scientifica – è invece condizionato da un complesso insieme di hardware, software e capacità del pilota che va continuamente aggiornato, bilanciato (spesso in loco) e che non s’improvvisa. Vale la pena citare Leonardo da Vinci: «Coloro che si innamorano della pratica senza scienza sono come il pilota che sale su una nave senza timone né bussola: questa non avrà mai sicurezza ovunque vada. Sempre la pratica deve essere costruita sulla buona teoria»...... CONTINUA A LEGGERE L'ARTICOLO
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