mercoledì 23 novembre 2022

Fra Lazio antico ed Etruria. Bisenzio: il lago e la città (dalla rivista ARCHEOLOGIA VIVA)

Lungo la costa sud-occidentale del lago di Bolsena, il lago vulcanico più ampio d'Europa, si distingue il profilo verde cupo di un grande promontorio. Il nome "Bisenzo" attribuito a questo monte dalla cartografia e dalle cronache storiche ricorre come "Bisenzio" nei documenti contemporanei. Nel tempo il profilo dell'altura è cambiato solo in parte. Alle falesie orientali che si immergono scoscese nelle acque color smeraldo, fanno da contraltare il meno ripido versante nord/nordoccidentale e i dolci declivi punteggiati d'ulivi che da ovest a sud-est trascolorano in dorati campi di cereali. La regione di Bisenzio, oggi nel territorio del suggestivo borgo di Capodimonte (Vt), nell'antichità costituiva un fondamentale punto di raccordo tra il dinamico mondo della costa tirrenica, i ricchi giacimenti metalliferi della Toscana centro-meridionale e i verdi pascoli del monte Amiata da un lato, e le vivaci realtà delle valli del Paglia* e del Tevere così come dell'Agro Falisco- Capenate* dall'altro. Da parte sua il lago garantiva rapidi contatti tra le sponde oltre a una inesauribile riserva d'acqua e cibo. 

Una situazione ecologica favorevole all'insediamento 
La funzione di Monte Bisenzio come presidio a controllo dei traffici lungo la sponda occidentale del lago è confermata dalle caratteristiche antiche della corrispondente nicchia ecologica del territorio. Durante il II millennio a.C. il manto vegetale delle colline circostanti era verosimilmente più esteso e fitto di oggi e il livello del lago più basso. Dunque il promontorio era posto al centro di un'ampia fascia peri lacustre pianeggiante che catalizzava la movimentazione di beni e persone. Questa condizione di optimum ecologicum e strategico assicurò alla comunità residente una ininterrotta fioritura tra il li millennio e gli inizi del V sec. a.c. «L'isola più grande è oggi chiamata Bisentina, dalla città di Bisentino, le cui rovine sono visibili su un colle vicino ». Con queste parole Pio II, in visita a Capodimonte nel 1462, affida alla storia l'immagine di un Monte custode di memorie urbane. Sebbene i ruderi citati possano essere attribuiti al castello medievale che per lungo tempo coronò l'altura, colpiscono i concetti di urbanità e influenza associati alla comunità di Bisenzio. È possibile che la percezione di un antico e fulgido passato abbia preso forma tra i locali nel corso del Rinascimento. Una "cronica" della non lontana città di Castro permette di datare alla fine del Cinquecento la scoperta di «molte sepolture con cadaveri dentro di gran statura» nei campi circostanti il Monte. 

Ricchezza e varietà delle strutture tombali 
E' solo alla fine dell'Ottocento che ha inizio una lunga stagione di ricerche più propriamente scientifiche, sebbene inizialmente caratterizzate da un approccio antiquario, dunque motivato da intenti di raccolta e collezionismo. Tali indagini, focalizzate eminentemente sul mondo dei morti, sono proseguite fino agli scorsi anni Novanta e documentano una realtà inattesa. A sud e a ovest del Monte si susseguono numerosi nuclei sepolcrali talvolta caratterizzati da una lunga continuità d'uso fra IX e V sec. a.C. A nord-ovest invece, lungo le forre tra le colline, è un proliferare di tombe a camera sapientemente intagliate nel tufo, a volte rifinite da motivi lineari dipinti in rosso. La ricchezza dei corredi, la varietà delle strutture funerarie tra cui almeno due tumuli/ circoli di pietre, l'esistenza di strade sepolcrali in un caso con bassi muretti perimetrali forse abbelliti da statue zoomorfe in pietra e la presenza di strutture (per esempio un deposito votivo) verosimilmente 'funzionali al corretto svolgimento dei rituali funebri riflettono una complessa articolazione sociale e un'accentuata dinamicità del corpo civico. Infine, la cultura materiale testimonia alcuni tratti affini a quelli di aree geografiche limitrofe, come possono essere la miniaturizzazione* e le urne a capanna della prima età del Ferro di ambito laziale (IX-VIII sec. a.C.). Altri manufatti attestano invece la partecipazione diretta o indiretta a circuiti di scambio di respiro mediterraneo ( ad esempio il famoso carrello bronzeo avvicinabile ai repertori sardi, ciprioti e cretesi; alcuni vasi sempre in bronzo con vasca baccellata di ascendenza vicino orientale; vasi in argilla di forma affine al cratere con motivi dipinti egeizzanti e quelli con decorazione dipinta in rosso e nero su fondo bianco riecheggiante repertori cretesi, ciprioti e vicino orientali).

Un importante centro dell'Etruria meridionale 
Solo a partire dagli anni Settanta del secolo scorso si è rivolta maggiore attenzione all'abitato. Lo scavo di Maria A. Fugazzola Delpino e Filippo Delpino sulla sommità di Monte Bisenzio ha portato in luce tracce di strutture residenziali di fine II millennio a.C. Negli stessi anni le ricognizioni di superficie di Klaus Raddatz e Ji.irgen Driehaus (Università di Gottingen) hanno documentato la presenza nei campi sottostanti di frammenti ceramici databili tra IX e inizi del V sec. a.e. I risultati di queste ricognizioni hanno indotto ad annoverare Bisenzio tra i più importanti centri protostorici dell'Etruria meridionale. Infine, il rinvenimento sul fondale antistante l'altura di una canoa monossile datata alla seconda metà del II millennio a.C., di vasi degli inizi del millennio seguente e di alcune ossa umane ha indotto a ipotizzare l' originaria presenza di nuclei abitativi e funebri nelle aree oggi sommerse. La vitalità della comunità nel corso del VII e VI sec. a.C. è confermata tanto dalla ricchezza dei corredi funebri, quanto dal rinvenimento di fondazioni di edifici originariamente abbelliti da lastre in terracotta con scene figurate. Di queste è pervenuto un frammento con guerriero armato di scudo e lancia: un elemento iconografico che enfatizza le virtù militari e che documenta, come in altre comunità urbane di età arcaica in Etruria meridionale e nel Lazio settentrionale, la crescente importanza della componente bellica di stampo oplitica. La pressoché totale assenza a Bisenzio di vasi a figure rosse, tecnica decorativa in voga durante il V sec. a.C., parrebbe indiziare un repentino declino della comunità in quel periodo. Un simile destino potrebbe essere scaturito dalla crescente pressione esercitata da realtà urbane dell'Etruria meridionale più influenti, come Vulci, Tarquinia e Orvieto. 

Andrea Babbi 

Chi sono gli autori: P. Agrafioti5, NTUAAthens; G. Anwniella, UNITTJS Viterbo/ BDLB Gradoli; A. Babbi, CNR-JSPC Rq,iμa / RGiM Mainz; A. Bozzani, PIXAIR Bolzano; A. Celant, UNIROMAI - Dip. BA; F. De/pino, già CNR-ISCIMA; M. CiganLe, Unipadova - Dip. BC; P.M. Guarino, ISPRA GEO; H. Lancioni, Unipg - DCBB; M. Lauieri, C.'IR-IRET Porano/ BDLB Gradoli; M. L11carini, ISPRA GEO; D. Magri, Uniromal - Dip. BA; D. Maninucci, Anfìbia srl; M. Mazzo/i, A.S.S.O. Roma; F. Miche/angeli, Uniromal - Dip. BA; C. MinniLi, Unisalento - Dip. BBCC; M. Pawmese, libero professionista; O. Sliarlaws, CUT Limassol; R. Zambrin i, Anfibia srl.

martedì 15 novembre 2022

Underwater Muse. Il patrimonio è di tutti ... anche sott'acqua ... (dalla rivista ARCHEOLOGIA VIVA)

Il progetto si chiama UNDERWATERMUSE e sta per lmmersive Underwater Museum experience for a wider inclusion. L'idea è quella di promuovere un'esperienza immersiva nelle realtà sottomarine del nostro e di altri paesi mediterranei al fine di condividere la conoscenza del patrimonio archeologico subacqueo con il più ampio pubblico possibile. Finanziato dal Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Croazia 2014-2020, UnderwaterMuse ha come obiettivo la valorizzazione e la promozione del patrimonio sommerso delle regioni interessate, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, perché ciò che si nasconde agli occhi dei più possa diventare una risorsa per la conoscenza dei singoli e la crescita dei territori interessati. 

Il progetto risponde pienamente ai principi e alle linee guida della Convenzione UNESCO sul la protezione del patrimonio sommerso del 2001 e soprattutto della Convenzione di Faro (2005) ratificata dall'Italia nel 2020 che incoraggia la visione del patrimonio culturale e ambientale come bene comune, fondamentale per lo sviluppo culturale, sociale ed economico dei singoli e delle comunità. Stimolare la consapevolezza del patrimonio da parte della popolazione e svilupparne le potenzialità come risorsa per migliorare la stessa qualità della vita. 

Obiettivo finale: restituire a tutti ciò che è di tutti 
Aree portuali oggi sotto il livello del mare, relitti di navi, stratificazioni subacquee prodotte dalla secolare frequentazione degli approdi: UnderwaterMuse vuole rendere accessibile tutto questo assieme ai paesaggi sommersi, rendendo così visibile l'invisibile. Per farlo si pensa alla creazione di parchi o percorsi archeologici subacquei per la fruizione diretta, diving o snorkeling, ma anche facendo l'operazione opposta, ovvero portare il patrimonio "nelle case" della gente, grazie alle possibilità narrative del la realtà virtuale e delle metodologie digitali. Proprio per questo, in tutte le aree coinvolte, le attività hanno messo in campo azioni diffuse di sensibilizzazione e coinvolgimento degli attori locali: circoli subacquei, associazioni, imprese culturali, enti territoriali e culturali. 

Archeologia dei paesaggi dal cielo agli abissi
Al centro del progetto, dunque, i paesaggi costieri e subacquei da restituire ben leggibili anche ai non addetti ai lavori. Gli strumenti utilizzati sono proprio quelli dell'archeologia dei paesaggi, che mette insieme discipline, tecniche, tecnologie diverse e innovative: impiego dei droni per mappare dall'alto, ma anche di ecoscandaglio, sub bottom profiler, ROV per rilevare i fondali. Protagonista rimane comunque lo scavo stratigrafico con tutte le attività correlate: recupero e restauro dei reperti, soprattutto organici, analisi archeometriche, paleobotaniche, faunistiche. Tutti i dati sono confluiti nel portale UnderwaterMuseMap - un archivio informatico/GIS per il web - dal forte taglio comunicativo, capace di parlare a un pubblico vasto, anche di possibili turisti stranieri. Informazioni accattivanti, testi, immagini, filmati, ricostruzioni in realtà virtuale e aumentata restituiranno infine a tutti ciò che a occhio nudo è impossibile anche solo immaginare. 

Le prospettive e gli scenari possibili
Il progetto UndervaterMuse ha generato una serie di opportunità per il patrimonio sommerso. In Puglia, gli attori coinvolti, ovvero la Regione, le tre università e la Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturaie Subacqueo, hanno dato vita al Centro Euromediterraneo per l'Archeologia dei Paesaggi Costieri e Subacquei - ESAC (Euromediterranean Seascapes Archaeology Center) - che ambisce a gestire in maniera integrata la filiera del patrimonio marino, dalla ricerca alla valorizzazione; il suo programma d'azione ha individuato - sulla base del censimento per il portale UnderwaterMuseMap - anche una rete dei siti suscettibili di valorizzazione, nell'ambito della quale saranno condotti interventi mirati. In Friuli Venezia Giulia si mira a un modello di gestione condivisa, che vede la sinergia tra la Soprintendenza, l'ERPAC e i diving club della regione per assicurare la fruizione, il monitoraggio e la manutenzione costante del nuovo "museo sommerso" di Grado 2, anche attraverso percorsi di formazione degli stessi subacquei. 

Tanti protagonisti e un grande progetto 
II Progetto vede, come lead partner, ERPAC (Ente Regionale per il Patrimonio Culturale della Regione Autonoma del Friuli Venezia Giulia) e, come partner, Università Ca' Foscari Venezia, Public lnstitution for Coordination and Development of Split • Dalmati a County RERA S.D., Comune di Kastela (Croazia) e Regione Puglia • Dipartimento Turismo Economia della Cultura e Valorizzazione del Territorio. La Regione Puglia ha coinvolto nella realizzazione delle attività i tre atenei di Foggia, di Bari e del Salento. 

Gruppo di lavoro e autori dei testi: Rita Auriemma, Antonella Antonazzo, Carlo Beltrame, Luigi Coluccia, Elsa Costa, lvanka Karnenjarin, Danilo Leone, Claudia Pizzinato, Ivan Suta, Maria Turchiano, Giuliano Volpe

mercoledì 9 novembre 2022

Il nostro ultimo documentario "ECCO CHE COMINCIAMO A DIPINGER CON LA PIETRA" al 7th International Archaeology Film Festival MFAF Split, a Spalato (Croazia)



Sabato 12 novembre, alle ore 16:30, nell'ambito del 7th International Archaeology Film Festival MFAF Split  che si terrà a Spalato (Croatia) dal 10 al 12 novembre, verrà proiettato il documentario di Massimo D'Alessandro, "Ecco che cominciamo a dipinger con la pietra" prodotto dal Parco archeologico di Ostia antica in collaborazione con A.S.S.O. onlus

Il documentario narra il lungo e complesso restauro del mosaico di un edificio termale nel grande porto degli imperatori Claudio e Traiano, frequentato per secoli dai marinai della flotta imperiale romana.


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