venerdì 14 marzo 2025

Scoperta straordinaria a Ostia Antica: rinvenuto un antico bagno rituale ebraico

 

Ostia Antica – Il progetto OPS - Ostia Post Scriptum, nato nel 2022 dalla collaborazione tra il Parco archeologico di Ostia Antica, l’Università di Catania e il Politecnico di Bari, ha portato a un’importante scoperta: un antico mikveh, bagno rituale ebraico, situato in un’area centrale della città antica. 

L’obiettivo del progetto è approfondire la conoscenza di Ostia attraverso nuove indagini archeologiche, favorendo al contempo la fruizione del sito e la divulgazione scientifica. Le ricerche si sono concentrate in una zona mai esplorata in precedenza, denominata “Area A”, tra edifici di grande rilievo storico. 

Qui è stato individuato un piccolo ambiente semi-ipogeo, caratterizzato da una scala in muratura, pareti rivestite di intonaco idraulico, un sistema di adduzione dell’acqua e un pozzo per la captazione della falda acquifera. Questi elementi, insieme al ritrovamento di lucerne decorate con simboli ebraici, hanno portato all’identificazione dell’ambiente come mikveh, il primo così antico scoperto fuori dalla Terra d’Israele. 

Un ruolo chiave nello scavo del pozzo è stato svolto dall’ETS A.S.S.O. (Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione, con il contributo di Davide I. Pellandra, Mario Mazzoli e Marco Vitelli. Il team ha raggiunto una profondità di 1,5 metri, portando alla luce reperti di grande valore, tra cui una lucerna decorata con una menorah e un lulav, oltre a un bicchiere in vetro integro, risalenti tra il V e il VI secolo d.C. La scoperta, oltre a confermare l’importanza della comunità ebraica nell’antica Ostia, apre nuovi scenari di ricerca sulle pratiche religiose della Diaspora. Grazie al contributo dell’ASSO e alla sinergia tra enti accademici e istituzioni culturali, il progetto OPS si afferma come un modello di indagine innovativa e multidisciplinare.

L’annuncio è stato dato dal Ministro della Cultura Alessandro Giuli, che ha sottolineato l’importanza del ritrovamento come testimonianza della convivenza multiculturale e della radicata presenza ebraica nella Roma imperiale. Secondo Alfonsina Russo, Capo Dipartimento per la valorizzazione del patrimonio culturale, questa scoperta evidenzia il ruolo di Ostia come crocevia di culture e religioni nell'antichità, mentre il Direttore generale Musei Massimo Osanna ha lodato il Parco archeologico per l’eccellenza nella ricerca e valorizzazione del patrimonio. Il Direttore del Parco, Alessandro D’Alessio, ha evidenziato l'unicità del ritrovamento, che conferma la presenza ebraica a Ostia dal I al VI secolo. Anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha espresso entusiasmo per l’importanza storica e rituale del mikveh, ipotizzando che facesse parte di un più ampio centro di aggregazione ebraica. Victor Fadlun, Presidente della Comunità Ebraica di Roma, ha definito la scoperta un’emozionante conferma del legame millenario tra la comunità ebraica e Roma, auspicando che il sito possa presto essere reso accessibile al pubblico. Il Ministero della Cultura continuerà a finanziare le ricerche per approfondire ulteriormente questo straordinario capitolo della storia romana ed ebraica.

martedì 11 marzo 2025

PREMIO DEL PUBBLICO e Menzione Speciale della Giuria per il nostro nuovo documentario "CAMPO DELLA FIERA E IL POZZO DEL TEMPO" alla 7° edizione del FIRENZE ARCHEOFILM

Il nostro ultimo documentario "CAMPO DELLA FIERA E IL POZZO DEL TEMPO" per la regia di Massimo D'Alessandro, vince il PREMIO DEL PUBBLICO e una Menzione Speciale della Giuria al  “FIRENZE ARCHEOFILM” 2025. 

Questa la motivazione della Giuria: “Una storia secolare riscoperta grazie a 20 anni di ricerche archeologiche condotte al Campo della Fiera sotto la rupe di Orvieto. Con abilità narrativa, e grazie al montaggio sapiente delle immagini e all’uso delle nuove tecnologie, il documentario ripercorre le affascinati vicende di questo luogo della memoria in un filo continuo che dagli etruschi conduce al medioevo. Fulcro della narrazione sono le recenti indagini nel profondo pozzo medievale del convento di San Pietro in Vetere da cui, grazie alla sinergia tra archeologi e speleologi, emergono inaspettate meraviglie”.

QUI L'ELENCO COMPLETO DEI FILM VINCITORI

Una breve intervista a Massimo D'Alessandro, Autore e Regista del documentario

Nel cuore dell'Italia centrale, ai piedi della rupe di Orvieto, si trova Campo della Fiera, un luogo straordinario in cui sacralità e storia si intrecciano da oltre duemila anni. Identificato come la sede del leggendario Fanum Voltumnae, santuario federale degli Etruschi. Il sito ha poi visto passare le diverse epoche diventando un centro spirituale e amministrativo dei Romani e successivamente un insediamento francescano. Le indagini archeologiche condotte negli ultimi vent'anni hanno portato alla luce manufatti di inestimabile valore: antichi templi, mosaici, ceramiche pregiate e un profondo pozzo mai esplorato, custode di tesori dimenticati. Attraverso ricostruzioni storiche, interviste esclusive e riprese spettacolari, "Campo della Fiera e il pozzo del tempo" accompagna il pubblico in un affascinante viaggio alla scoperta della vita, del declino e della rinascita di questo sito unico. Uno dei reperti rinvenuti nel pozzo, inoltre, apre uno squarcio nel velo di mistero che avvolge i Templari e un possibile intrigo storico. 

In collaborazione con: Associazione CAMPO DELLA FIERA e Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di FoggiaSoprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per L'Etruria Meridionale 

Consulenza scientifica: Marco Cruciani, Danilo Leone, Mario Mazzoli, Silvia Simonetti, Simonetta Stopponi, Vincenzo Valenzano 
Produttori esecutivi: Mario Mazzoli, Maria Teresa Pilloni 
Fotografia: Marco Vitelli 
Voce narrante: Valerio Sacco 
Musiche: Edizioni Flipper Music 
Montaggio e Regia: Massimo D'Alessandro 
Durata: 52 minuti

lunedì 10 marzo 2025

GLI ABISSI RACCONTANO, il nuovo libro di Guido Gay ora disponibile

Appena pubblicato il nuovo libro di Guido Gay “Gli abissi raccontano - Relitti romani e altro" di Luglio Editore. 

Il libro racconta le spedizioni e le scoperte dell’Autore durante le sue navigazioni a bordo del catamarano Daedalus, uno yacht a vela ma anche una piccola nave oceanografica dalle prestazioni uniche e senza confronti, da lui stesso progettato. 

Grazie alle attrezzature di bordo, che permettono esplorazioni dei fondali marini fino a duemila metri di profondità, l’ingegner Gay ha scoperto antichi relitti romani e numerosi relitti moderni, fra i quali quello più famoso della corazzata Roma: l’autore li presenta nel libro, insieme a note biografiche significative, con oltre 400 immagini che ripercorrono la sua storia, dall’ideazione e creazione dei primi robot subacquei, fino alle più recenti scoperte. 

Le sue ricerche hanno permesso l'osservazione e lo studio di organismi marini e ambienti di profondità e i 42 relitti romani da lui scoperti e documentati, hanno fornito un contributo prezioso agli archeologi per capire come e perché si navigava duemila anni fa. 

 Disponibile qui per l'acquisto su Amazon

mercoledì 5 marzo 2025

8 marzo 2025: Prima assoluta del nostro nuovo documentario "CAMPO DELLA FIERA E IL POZZO DEL TEMPO" alla 7° edizione del FIRENZE ARCHEOFILM

Un viaggio nella storia millenaria di Campo della Fiera e un appuntamento imperdibile per tutti gli appassionati di archeologia, storia e avventura.

 

Sabato 8 marzo 2025 alle ore 12, nell'ambito della 7° edizione del FIRENZE ARCHEOFILM, il prestigioso festival internazionale dedicato al cinema archeologico, verrà proiettato in prima assoluta presso il Cinema La Compagnia il nostro nuovo documentario "CAMPO DELLA FIERA E IL POZZO DEL TEMPO" per la regia di Massimo D'Alessandro.

 

Nel cuore dell'Italia centrale, ai piedi della rupe di Orvieto, si trova Campo della Fiera, un luogo straordinario in cui sacralità e storia si intrecciano da oltre duemila anni. Identificato come la sede del leggendario Fanum Voltumnae, santuario federale degli Etruschi. Il sito ha poi visto passare le diverse epoche diventando un centro spirituale e amministrativo dei Romani e successivamente un insediamento francescano. Le indagini archeologiche condotte negli ultimi vent'anni hanno portato alla luce manufatti di inestimabile valore: antichi templi, mosaici, ceramiche pregiate e un profondo pozzo mai esplorato, custode di tesori dimenticati. Attraverso ricostruzioni storiche, interviste esclusive e riprese spettacolari, "Campo della Fiera e il pozzo del tempo" accompagna il pubblico in un affascinante viaggio alla scoperta della vita, del declino e della rinascita di questo sito unico. Uno dei reperti rinvenuti nel pozzo, inoltre, apre uno squarcio nel velo di mistero che avvolge i Templari e un possibile intrigo storico. 

Una produzione: 
In collaborazione con: 
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Umbria
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per L'Etruria Meridionale 

Consulenza scientifica: Marco Cruciani, Danilo Leone, Mario Mazzoli, Silvia Simonetti, Simonetta Stopponi, Vincenzo Valenzano 

Produttori esecutivi: Mario Mazzoli, Maria Teresa Pilloni 

Fotografia: Marco Vitelli 

Voce narrante: Valerio Sacco 

Musiche: Edizioni Flipper Music 

Montaggio e Regia: Massimo D'Alessandro 

Durata: 52 minuti

A tourismA 2025 sono stati presentati gli eccezionali risultati dello scavo del pozzo di Campo della Fiera (Orvieto) e del film “Campo della Fiera e il pozzo del tempo” (da archeologiavocidalpassato.com)

 Notizia pubblicata oggi sul sito: ARCHEOLOGIA VOCI DAL PASSATO 

Domenica 23 febbraio 2025, a tourismA, nell’auditorium del Palazzo dei Congressi, sono stati presentati gli eccezionali risultati dello scavo del pozzo di Campo della Fiera e il film “Campo della Fiera e il pozzo del tempo” per la regia di Massimo D’Alessandro. Ecco quanto hanno dichiarato ad archeologiavocidalpassato.com il regista Massimo D’Alessandro, responsabile comunicazione ASSO ETS; il prof. Danilo Leone, docente di Metodologia della ricerca archeologica all’università di Foggia, e uno dei consulenti scientifici del film; e Mario Mazzoli, direttore generale di ASSO – Archeologia subacquea speleologia organizzazione.


TourismA 2025: la presentazione dello scavo a Campo della Fiera (Orvieto) e del film “Campo della Fiera e il pozzo del tempo”: da sinistra, Piero Pruneti, Mario Mazzoli, Massimo D’Alessandro, Danilo Leone



“Campo della Fiera e il pozzo del tempo”, anticipa D’Alessandro, “è il nuovo documentario che abbiamo realizzato con la Asso e racconta questa storia incredibile e lunghissima del sito di Campo della Fiera. Parliamo di una storia che parte dagli Etruschi, passa per i Romani, attraversa il periodo medievale con i Francescani e arriva fino ai giorni nostri. La parte più eccezionale è il rinvenimento di più di 1000 vasi medievali trovati all’interno di un pozzo profondo più di 16 metri. Il documentario verrà proiettato in anteprima assoluta all’Archeofilm di Firenze l’8 marzo (2025)”.


“Siamo a Orvieto, in una piccola valle, il cui toponimo è Campo della Fiera
, a 500 metri dalla rupe di Orvieto”, spiega il prof. Leone. “E qui c’è il santuario degli Etruschi, il fanum Voltumnae, il santuario delle 12 città etrusche, dei 12 popoli etruschi che qui si riunivano periodicamente, come ci dicono le fonti. La via di questo luogo, di questo sito è lunghissima, più di 20 secoli, perché il santuario vive fino all’arrivo dei Romani, che ne 264 a.C. lo distruggono, occupano Orvieto, e costruiscono una domus, la domus di un magistrato, il praetor Etruriae duodecim populorum, e quindi si tratta di una domus pubblica, la domus del magistrato che gestisce gli interessi dei Romani a Orvieto, e quindi gestisce il santuario. Nel VI secolo ormai la domus e il santuario sono abbandonati, e si insedia una piccola comunità cristiana: una parte della domus, un ambiente, viene trasformata in chiesa paleocristiana. E tutto intorno, nel corso degli scavi, abbiamo individuato circa 100 tombe della comunità cristiana che qui resta almeno fino agli inizia del Medioevo, quando arrivano i Francescani. I Francescani costruiscono un convento, una chiesa, il convento di San Pietro in Vetere, proprio sulle vestigia del santuario etrusco.

“Negli ultimi due anni – continua Leone – abbiamo indagato il pozzo del convento, ancora oggi completamente colmo di acqua perché intercetta a 5 metri la falda acquifera. E all’interno del pozzo, che è stato scavato interamente, abbiamo trovato più di 1000 brocche, più di 1000 boccali, interamente conservati: sono conservati anche gli smalti grazie alla presenza dell’acqua, che ci permettono di riscostruire la storia del convento, anche del territorio di Orvieto, dal XIII secolo fino al XVII secolo d.C. Molti di questi vasi spesso sono datati con una datazione molto larga perché li conosciamo da collezioni private, invece lo scavo stratigrafico oggi ci consente di ricostruire delle datazioni molto precise per la maiolica arcaica, per la maiolica medievale, e poi per le ultime forme di produzione che sono quelle del XVII secolo.

“Ultima annotazione: un oggetto straordinario rinvenuto all’interno del pozzo, sul fondo del pozzo. È la matrice di un sigillo in bronzo, di 10 centimetri di diametro, che è rotta volutamente in quattro pezzi. Si tratta di una matrice di Filippo il Bello, re di Francia tra il 1268 e il 1314, matrice occultata forse dopo la morte del sovrano. Dalle nostre ricerche, dai nostri studi – conclude il prof. Leone -, abbiamo scoperto che non si tratta di una matrice originale ma forse è un falso. È una riproduzione di XIII-XIV secolo forse commissionata dai Templari a un orefice artigiano per riprodurre documenti contraffatti. Come sappiamo Filippo il Bello fece arrestare tutti i Templari di Francia, chiese al Papa e agli altri sovrani europei di fare lo stesso. Quindi forse in quei momenti difficili i Templari orvietani potrebbero aver perso di produrre un falso per creare dei salvacondotti, insomma per scappare”.


“Asso – spiega il direttore Mario Mazzoli – è un’organizzazione no profit che è qualificata come ente del terzo settore, specializzata in ricerche, rilevamenti e scavi in ambienti subacquei e sotterranei: in particolar modo si parla di aree archeologiche, un tempo edificate sotto terra o finite sotto terra per le vicissitudini del territorio che poi, obliterate, vengono riscoperte effettuando degli scavi stratigrafici e aspetti topografici e di rilevamento, sia per capire la tecnica costruttiva di queste strutture, utilizzi e riutilizzi, e anche per il materiale che ci si trova. Diciamo un indicatore che ti consente di analizzare una fotografia nel tempo molto interessante. Grandi collaborazioni con università e con i ricercatori, e quindi un’occasione di tutti, sia di scoperta sia per imparare”.

“Il pozzo di Campo della Fiera – continua Mazzoli – è una di queste opportunità che abbiamo avuto grazie all’associazione Amici di Campo della Fiera e all’università di Foggia. È stato necessario effettuare uno scavo dentro l’acqua più che sott’acqua perché il pozzo, costruttivamente perfetto, è ancora attivo. Quindi siamo stati costretti a installare due pompe che tenevano costantemente il livello dell’acqua basso, e quindi poi a superare questo ostacolo con un esame stratigrafico piuttosto complicato sia per la quantità dei reperti sia per il fango che teneva incollato tutto questo materiale. È stata una grande opportunità e la possibilità poi di dare un piccolo aiuto alla riscoperta della cronologia di queste ceramiche e anche un’opportunità per lavorare insieme agli archeologi e agli studiosi del settore e del periodo”.



lunedì 3 marzo 2025

Ponza. La nave della Secca dei Mattoni, un’occasione perduta... (di Mario Mazzoli, General Manager A.S.S.O.)


Sono passati 40 anni dalle prime verifiche e ricerche, ufficiali, condotte sul relitto di una antica nave da carico affondata presso la Secca dei Mattoni, tra Ponza e Palmarola. Una ferita ancora aperta.

Il relitto rappresenta una importante testimonianza dei traffici marittimi, che hanno interessato l’Arcipelago Pontino in antichità. La nave si trova a circa 29 metri di profondità ed è molto probabile che il suo affondamento sia stato causato dall’urto contro la secca la cui sommità è circa due metri sotto il livello del mare.

Il sito risultò depredato e solo nel settembre 1986 fu effettuata una sistematica ricognizione del giacimento grazie alla segnalazione di Roberto Calò e Silverio Mazzella, che notando il frequente sostare di imbarcazioni sul punto, si insospettirono ed effettuarono una verifica.

Al tempo, dopo un intervento dei Sommozzatori della Guardia di Finanza che rimossero molteplici anfore e del quale non fu possibile ottenere alcuna documentazione, la Soprintendenza assegnò direttive per un primo controllo tecnico-scientifico. Furono incaricati i tecnici della A.S.S.O. – al tempo responsabili per l’archeologia subacquea per la Sede Centrale dell’Archeoclub d’Italia – con la supervisione scientifica del prof. Piero Alfredo Gianfrotta.

Sin dalla prima immersione, l’importanza e la consistenza del giacimento furono evidenti. Su un fondale di sabbia e posidonia, a circa 29-30 metri di profondità fu individuato uno spazio alto circa un metro e mezzo, lungo circa trenta e largo undici metri. Il centro di questa collinetta di matta e posidonia era già stato scavato dai clandestini e oggetto di recuperi da parte della Guardia di Finanza. Vi si trovava quindi una fossa di metri 8×5, profonda 70/80 cm.

Promosse e autorizzate dalla allora Soprintendente Archeologica per il Lazio, dott.ssa M. L. Veloccia, nei due anni successivi seguirono delle brevi campagne, anch’esse autofinanziate da A.S.S.O. e dalla famiglia Mazzella.

Nelle campagne fu facile notare che le anfore, visibili anche nella trincea praticata nella zona centrale del cumulo, pur se inclinate a causa della spaccatura dello scafo, erano ancora disposte nella posizione originaria di carico. Se ne individuarono tre strati, con il puntale delle anfore dello strato superiore incastrato tra i colli di tre anfore dello strato sottostante. Tra le anfore, ma in zone ben circoscritte, fu possibile rinvenire della ceramica a vernice nera. Si riscontrò, inoltre, mescolanza di anfore Dressel 1, prevalentemente di tipo A, e di Lamboglia 2 e, dopo il recupero del secondo strato, vennero alla luce alcuni tratti, ottimamente conservati, dello scafo. Successivamente fu accertata, in altre zone della nave, l’assenza di Lamboglia 2 con un’alta percentuale Dressel C miste a 1A e B, queste ultime sempre presenti in tutta l’area investigata. Anche in questa situazione la ceramica, costituita soprattutto da patere ancora impilate, occupava la parte e superiore del carico, sempre in punti ben definiti tra le anfore.

Sono numerosi gli elementi scientifici e le notizie che un così breve intervento consentì di acquisire.

Già al tempo, per la successione delle anfore nel carico nelle zone sondate e per la presenza di alcuni elementi caratterizzanti, si avanzò l’ipotesi che la nave potesse essere partita dalla costa pugliese per proseguire verso la Campania, con un probabile carico a Pozzuoli, concludendo il suo viaggio sulla Secca dei Mattoni negli anni tra la fine del II° e gli inizi del I secolo a.C. E’ probabile che la meta del viaggio fosse la Gallia Narbonense, dato anche il ritrovamento di altri relitti simili.

Negli anni che seguirono, nonostante ASSO si fosse candidata più volte per attivare un team multidisciplinare internazionale – finanziato da sponsor esterni e da diversi Ponzesi – che si occupasse dello scavo e dello studio del giacimento, si preferì contrapporre alle notizie informali di successivi depredamenti degli interventi spot di ricopertura, peraltro di scarsa efficacia.

E poi …… il silenzio, o meglio, episodiche chiacchiere, sopralluoghi sporadici, ari-ricoperture, nessun progetto attivo per la ricerca e la fruizione. Una triste fine per quello che probabilmente è uno dei più importanti relitti antichi del mediterraneo. Un oblio al quale non hanno resistito nemmeno i reperti recuperati, catalogati e inventariati – oltre che ovviamente studiati – nel corso delle campagne condotte dalla Soprintendenza e da A.S.S.O.

Una fine ancora più triste – che rasenta il suicidio scientifico e socio economico – se si pensa che in 40 anni si sarebbe potuto sviluppare e attivare un progetto pluriennale integrato di studio e valorizzazione al pari di quanto avviene regolarmente nei paesi “normali”.

Ma noi, probabilmente, normali non siamo…..

Mario Mazzoli, General Manager A.S.S.O.

Nelle acque di Santa Maria del Focallo scoperto un relitto arcaico risalente al VI-V secolo a.C. (da ARCHEOLOGIAVOCIDALPASSATO)

 

Un relitto arcaico risalente al VI-V secolo a.C., insieme a quattro ancore litiche e due in ferro, è stato scoperto a dicembre 2024 nelle acque di Santa Maria del Focallo, nel Comune di Ispica nel ragusano, durante una campagna di scavi subacquei condotta dal dipartimento di Studi umanistici e del Patrimonio culturale dell’università di Udine e dalla soprintendenza del Mare della Regione Siciliana.

Il relitto è stato rinvenuto a sei metri di profondità, sepolto da sabbia e massi. Lo scavo ha rivelato uno scafo costruito con la tecnica “su guscio”, caratterizzato da tavole del fasciame collegate tramite incastri (tenoni e mortase) che conferivano alla struttura una funzione autoportante. A pochi metri dal naufragio sono stati individuati due nuclei di ancore: due in ferro del tipo a “T” rovesciata, probabilmente risalenti al VII secolo d.C., e quattro litiche, di probabile epoca preistorica.

La segnalazione del sito alla soprintendenza del Mare era stata fatta nel 2022 da Antonino Giunta, che con l’associazione BCsicilia aveva elaborato una mappa 3D dell’area. La campagna di scavi, durata tre settimane e conclusa nello scorso mese di settembre, ha visto ... CONTINUA A LEGGERE SU ARCHEOLOGIAVOCIDALPASSATO.IT

sabato 8 febbraio 2025

Scoperta eccezionale a Tarquinia: nuova tomba dipinta nella necropoli etrusca (da "Finestre sull'arte")

Straordinaria scoperta nel sito Unesco di Tarquinia, dove gli archeologi hanno ritrovato una nuova tomba a camera dipinta: le pitture sulle pareti mostrano scene di danza e di officina. La scoperta risale alla fine del 2022, anche se è stata comunicata dalla Soprintendenza di Viterbo soltanto in queste ore. 

Tutto comincia nel corso di un’ispezione della Soprintendenza a seguito dell’apertura di alcune cavità nel terreno: l’eccezionale scoperta è avvenuta nella necropoli etrusca dei Monterozzi, vicino a Tarquinia, dove gli archeospeleologi, esplorando quelle cavità, hanno confermato che si trattava di sepolcri già visitati da scavatori clandestini in passato. 


Tuttavia, una delle tombe celava un segreto ancora intatto: il crollo di una parete aveva rivelato una camera funeraria più profonda, decorata con scene dipinte dai colori straordinariamente vividi. Questa nuova tomba, catalogata con il numero 6438, è stata dedicata alla memoria di Franco Adamo, rinomato restauratore delle tombe dipinte di Tarquinia, scomparso nel maggio 2022. 

Il ritrovamento rappresenta un evento di grande rilievo per l’archeologia etrusca, riportando alla luce uno spaccato di vita e cultura di oltre duemila anni fa. 

La scoperta è frutto del lavoro della Soprintendenza di Viterbo e dell’Etruria Meridionale, e in particolare degli archeologi Daniele F. Maras e Rossella Zaccagnini del Ministero della Cultura, assieme ai collaboratori esterni Gloria Adinolfi e Rodolfo Carmagnola, mentre lo scavo è stato condotto da Archeomatica s.r.l.s., e il restauro delle superfici da Adele Cecchini e Mariangela Santella. A.S.S.O. si è invece occupata delle operazioni di archeospeologia.


Un delicato lavoro di scavo e messa in sicurezza Per evitare che il sito venisse compromesso da tombaroli o da visitatori imprudenti, la Soprintendenza ha mantenuto il massimo riserbo sulle operazioni di scavo Grazie a un finanziamento straordinario del Ministero della Cultura, gli archeologi hanno potuto condurre un intervento meticoloso per mettere in sicurezza la tomba e preservarne il delicato equilibrio: per queste ragioni, ... CONTINUA A LEGGERE SU "FINESTRE SULL'ARTE"

lunedì 3 febbraio 2025

Anche nel 2025 altre due selezioni ufficiali in festival internazionali per il documentario "UOMINI E DEI, IL MARE E IL SACRO"

Dopo un 2024 ricco di soddisfazioni, con numerose selezioni ufficiali a Festival internazionali e 3 premi ricevuti, il nostro ultimo documentario "UOMINI E DEI, IL MARE E IL SACRO" (regia di Massimo D'Alessandro) anche nel 2025 è stato inserito nelle loro selezioni ufficiali. 

Il 6 febbraio alle ore 20:30 nella sala del Cinema LUX Art House di Massagno (Lugano) nell'ambito della III edizione dell'ARCHEOTICINE FILM FESTIVAL 


Il 27 febbraio in concorso all'OGEECHEE FILM FESTIVAL presso la Georgia Southern University (USA)





domenica 12 gennaio 2025

Inaugurato il Museo della Speleosubacquea alle Grotte di Falvaterra (da scintilena.com)

Un nuovo spazio dedicato alla storia delle esplorazioni subacquee.
Falvaterra, Frosinone – Sabato 28 dicembre, presso il Monumento Naturale Regionale delle Grotte di Falvaterra, è stato inaugurato il primo museo italiano dedicato alla speleosubacquea. La cerimonia ha visto la partecipazione del dott. Lamberto Ferri Ricchi, scopritore del complesso ipogeo e primo speleo subacqueo. Il museo, situato all’interno del Centro Visite delle Grotte di Falvaterra, rappresenta un’importante aggiunta al patrimonio culturale della regione. CONTINUA LEGGERE SU SCINTILENA.COM

domenica 5 gennaio 2025