Sta per essere pubblicato dopo due anni di lavoro: SPELEONAUTI – Manuale Tecnico-Operativo di Speleologia Subacquea. Gli autori - Leo Fancello, Alessio Fileccia e Mario Mazzoli - sono speleosub di provata esperienza, dirigenti e animatori della Scuola Nazionale di Speleologia Subacquea della Società Speleologica Italiana. Al manuale hanno collaborato tra gli altri importanti personalità di levatura internazionale Stefano Barbaresi, Alessandro Fenu, Stéphane Girardin, Nuno Gomes, Stefano Gualtieri, Roberto Loru, Andrea Marassich, Gabriele Paparo, Thorsten Waelde. Il Manuale sarà dedicato a DANIEL HUTNAN, speleosubacqueo di fama mondiale, grande amico e compagno di tante esplorazioni, recentemente scomparso.
lunedì 31 maggio 2021
venerdì 28 maggio 2021
Archeologia: un progetto per i ‘tesori’ del Bradano-Basento riemersi durante i lavori per il metadonotto
Grazie all'archeologia Preventiva, i lavori per la realizzazione dello schema idrico "Bradano-Basento" dal 2014 al 2020 hanno fatto riemergere molti siti archeologici tra Palazzo San Gervasio Banzi e Genzano di Lucania. Si tratta di resti di abitazioni, necropoli e strade posti lungo antichi percorsi. Viarium è un progetto della Soprintendenza, in collaborazione con la Pinacoteca e Biblioteca "Camillo d'Errico", che racconta questo viaggio attraverso il tempo ed il territorio. Presto ne sapremo di più....
Mondi sommersi e sotterranei (11): Archeologia subacquea: Porti, Peschiere e Punti di ancoraggio
Archeologia subacquea: Porti, Peschiere e Punti di ancoraggio (Mario Mazzoli - ASSO)
venerdì 21 maggio 2021
Mondi sommersi e sotterranei (10): Archeologia sott’acqua: laghi, fiumi e zone costiere
ARCHEOLOGIA SOTT'ACQUA: LAGHI, FIUMI E ZONE COSTIERE (Mario Mazzoli - ASSO)
venerdì 14 maggio 2021
Mondi sommersi e sotterranei (9): Archeologia sott'acqua
ARCHEOLOGIA SOTT’ACQUA (Mario Mazzoli, A.S.S.O.)
Mari, laghi e fiumi custodiscono numerose tracce della vita dell’uomo. Relitti navali, installazioni portuali, villaggi palafitticoli, peschiere, attrezzature legate alla navigazione, infrastrutture abitative o di produzione sommerse dalla variazione del livello del mare o dalla modifica delle linee di costa; tutte situazioni da indagare e studiare da parte di equipe specializzate.
Come è ovvio, uno dei veicoli principali della ricerca in ambito archeologico sommerso è costituito dai subacquei che, a diverso livello di professionalità e competenze, vengono chiamati ad affiancare gli archeologi su questi giacimenti. Subacquei ce ne sono sempre stati e ci sono dei riferimenti famosi come quello di Scillia di Scione. Pausania e Plinio riferirono che Scillia e sua figlia Hydna contribuirono alla distruzione di molte navi persiane tagliando le cime che le trattenevano alle ancore lasciandole così in balia della tempesta.
Erodoto, invece, cita di una collaborazione con i Persiani per il recupero di materiali e preziosi dalle navi affondate durante il naufragio della flotta di Serse e del successivo passaggio di Scillia con i Greci per riferire loro informazioni importanti sulla consistenza della flotta nemica. E’ comunque noto che nell’antichità la pesca delle spugne o dei murici e il recupero di carichi perduti in acqua venivano sistematicamente condotti da persone abili ad andare sott’acqua che, con il passare del tempo, si aggregarono in diverse categorie alcune delle quali furono istituzionalizzate con la costituzione di vere e proprie Corporazioni. Costoro, che i romani chiamavano urinatores, costituiscono i progenitori di quanti, come noi, si interessano a ciò che l’uomo ha lasciato in acqua. Studiare un giacimento archeologico sommerso dipende essenzialmente da come questo è connaturato e quindi dalla tipologia, dalla profondità alla quale si trova, da come è costituito il fondale, dai danneggiamenti umani o naturali che ha subito, da come si è sedimentato il deposito che lo ha coperto e dall’ambiente (salmastro, dolce, fiume, laguna, lago, mare, grotta, effetto del moto ondoso, successiva antropizzazione, ecc.) nel quale si trova.
Tra i vari aspetti operativi, contano anche l’intensità della corrente, la visibilità, quanto il giacimento sia distante dalla costa o da altre zone emerse, quanto sia logisticamente abbordabile e via seguendo. La realtà è quindi un po’ meno romantica di ciò che ci aleggia intorno; si tratta di un notevole lavoro multi specialistico di pianificazione e di sistemica esecuzione nel quale serve far funzionare veri e propri cantieri con qualche complicazione in più rispetto a quelli di terra. Talvolta il rinvenimento avviene attraverso prospezioni visive effettuate sia da persone sia da telecamere o veicoli filoguidati. In altri casi è necessario utilizzare sonar e magnetometri i cui risultati, pur se oggi maggiormente fruibili che in passato grazie alla digitalizzazione, per casi non manifesti sono complessi da interpretare e necessitano di competenze professionali specifiche. Una volta individuato, il giacimento viene liberato dai sedimenti o dalle concrezioni che lo hanno ricoperto per essere rilevato in tutti i suoi aspetti dimensionali, costruttivi, ambientali e archeologici.
Concluse queste operazioni, il sito dovrebbe sempre essere oggetto di ricopertura e/o di prelievo di parte o dell’intero contenuto o della struttura per restauro o studi successivi. Finito il lavoro sul campo si è solo ad un terzo dell’opera passando all’analisi dei dati, degli schizzi, di foto e filmati, alla realizzazione dei disegni, all’analisi da parte degli specialisti di specifici reperti o situazioni, alla formulazione delle conclusioni, all’archiviazione e gestione dei dati del giacimento e, come si spera, alla pubblicazione dei risultati. Per limitarci allo scavo, in questa sede è sufficiente evidenziare che può essere condotto secondo diverse tecniche e metodologie che sempre devono rendere chiara la stratigrafia così come avviene per le operazioni condotte a terra. E’ quindi molto importante poter contare su una base logistica affidabile e quando questa deve essere replicata anche in mare, il costo diventa rilevante e non sempre la scelta è facile (barche, pescherecci, pontoni, rimorchiatori, zattere, ecc.). Per asportare i detriti viene utilizzata la “sorbona”: un grosso aspiratore manovrato dal subacqueo e attivato da aria o acqua a pressione, le cui progettazione, realizzazione e utilizzo richiedono un approccio personalizzato ad ogni situazione. Una volta ripulita, o molto più spesso nel corso della ripulitura, l’area va rilevata, misurata, topografata in tutte le sue componenti, con l’ausilio di supporti tecnici fissi o mobili di diverso tipo e tecnologia.
Generalmente la zona di lavoro viene divisa in figure geometriche equivalenti o uguali attraverso un reticolo graduato di diverse scale che funge da riferimento per tutte le misurazioni manuali e strumentali. Le misurazioni vengono integrate da fotografie e si realizza almeno un fotomosaico prima della restituzione, manuale o strumentale, del rilevamento di base. Un tempo era necessario costruire delle infrastrutture di precisione sulle quali far scorrere le macchine fotografiche e le telecamere mentre oggi, grazie alla velocissima affermazione delle apparecchiature e dei software digitali, basta posizionare alcuni capisaldi gestendo l’acquisizione e l’elaborazione dei dati con risultati analoghi a quelli che si ottengono in superficie. Va poi analizzato il materiale rinvenuto, dedicando a questo degli specialisti sia per lo studio che per la conservazione temporanea in attesa del restauro. Particolare attenzione e organizzazione preventiva ad hoc meritano i legni e i manufatti organici per la loro altissima deteriorabilità. Ceramiche, piombo, oro, marmi ed altri materiali più resistenti possono essere gestiti e studiati, invece, con maggiore serenità ma simile prudenza. Un mondo estremamente vario ed affascinante nel quale, con i prossimi articoli, cercheremo di “immergerci”.
Percorso di specializzazione in cavità artificiali per istruttori di tecnica SSI (Società Speleologica Italiana)
mercoledì 12 maggio 2021
Disponibile il nuovo libro di Enrico Felici: ANTIUM Archeologia subacquea e Vitruvio nel porto di Nerone (EDIPUGLIA)
venerdì 7 maggio 2021
Mondi sommersi e sotterranei (8): Volare nella storia
VOLARE NELLA STORIA (Mario Mazzoli, A.S.S.O.)
L’archeologo, il geografo, il geologo e altri specialisti spendono molto del loro impegno per procurarsi o realizzare immagini. Foto in proprio, foto aeree, dettagli, ortofoto tramite palloni frenati e filmati presentano caratteristiche proprie dovute al mezzo di ripresa e alla situazione nella quale sono state realizzate e raramente si prestano a più usi. Ecco perché, da quando abbiamo cominciato a proporre l’utilizzo di droni volanti, ben più di dieci anni fa, le esperienze di sono moltiplicate a velocità impressionante.
L’uso di questi APR (Aeromobili a Pilotaggio Remoto) implica un rischio contenuto e consente molteplici opportunità di impiego professionale. Si parla di impiego professionale perché molti hanno la percezione che sia sufficiente acquistare un bel drone e fare un corso di pilotaggio per diventare un cineasta di grido o un topografo moderno. Un risultato concreto, e fruibile anche dalla comunità tecnica e scientifica, è invece condizionato da un complesso mix di hardware, software e capacità del pilota che va continuamente aggiornamento e bilanciato, spesso in loco, che non si può improvvisare.
Questi mezzi sono utili per rilievi e monitoraggio del territorio, creazione di modelli tridimensionali, verifiche di edifici e di agglomerati storici, accesso in zone impervie e rilievi con termo camere. Consentono riprese alta risoluzione anche per ispezioni interne agli edifici, visione generale di grandi spazi, spot pubblicitari, documentari ed eventi. Possono volare a vista, oppure essere controllati tramite un visore e/o uno schermo che riportano quanto in quel momento il drone stia “vedendo”.
Nel caso di distanze elevate o di volo autonomo, appositi software consentono di impostare la rotta o l’area di interesse che il mezzo segue in totale autonomia per tornare al punto di decollo anche nel caso di perdita del segnale. Travagliata, come al solito, è stata la genesi della legislazione in materia che è passata dall’anarchia totale a complicate e costose autorizzazioni. La situazione sembra ora essersi sufficientemente chiarita ma si consiglia di prendere atto delle specifiche normative che riguardano la tipologia di mezzo, la zona di sorvolo, i titoli del pilota, assicurazioni, ecc. oltre all’ovvio rispetto della regola del chi rompe paga. Dicevamo che è con un batter d’ali, o meglio di eliche, che tramite questi apparecchi si ottengono risultati di altissimo livello qualitativo con tempi e costi incomparabili rispetto ad altre opzioni.
Non ci stancheremo però di ricordare che la piccola astronave è solo uno degli elementi cardine di un processo operativo in cui competenze di carattere tecnico, tecnologico, esperienziale e di software si fondono per l’ottenimento di risultati utilizzabili a diversi livelli e proprio per questo la nostra fortuna è stata quella di incontrare Francesco Marsala, un vero precursore della materia. Certo è, comunque, che quando si vede all’opera una squadra che mette a profitto questi mezzi resta ben poco da capire sul loro potenziale. Tra l’altro ASSO è una delle pochissime organizzazioni che vanta grande esperienza nell’impego di APR anche in aree sotterranee dove le limitazioni tecniche e logistiche presentano, ogni volta, sfide diverse. A prescindere da aspetti tecnici, potrebbe essere di interesse riportare quanto un famoso archeologo ci abbia riferito di aver provato in un viaggio condotto su una famosa area archeologica, alcuni anni fa. Dopo aver avvertito un fruscio proveniente da terra scorgo una sorta di libellula meccanica che si leva in volo dinanzi a noi. Si sostiene nel vuoto grazie a sei pale rotanti su altrettanti motori elettrici inseriti su bracci posti a esagono. Spie, led, motori di ceramica, sistema di stabilizzazione inerziale e un obiettivo che punta verso di noi: una macchina fotografica o una telecamera? Da qui non riesco a capire. Inforco una specie di occhiali da pilota di cacciabombardiere che Francesco Marsala, progettista, costruttore e pilota professionista, mi porge. Mi appare una visione sincronizzata su due microscopici monitor. Un attimo di sbandamento, l’istinto mi porta a girare la testa verso il drone ma non so dove sia; vedo invece ciò che lui sta vedendo.
Riprendo una posizione stabile e dalle cuffie sento Francesco che mi dice: “come vedi siamo in volo, cosa vuoi riprendere?” Mentre altri due tecnici controllano le operazioni attraverso una stazione di terra penso a cosa proporre, ma in questa prima prova, decide per me Francesco. “Come puoi vedere dai dati di altitudine, sul lato delle immagini, siamo a una quota intorno ai 2 metri. Ora facciamo una rotazione di 360 gradi.” Guardando capisco che il drone sta ruotando su sé stesso; poi si ferma quasi a scrutarci e mi vedo ripreso in video. Gli strumenti danno le coordinate, la direzione bussola, la quota, il livellamento, l’intensità del segnale GPS e diverse altre informazioni ma la mia attenzione si concentra sul video pronto per essere catturato sia dalla memoria del velivolo che dalla workstation di terra. Inizia la navigazione: lo spettacolo lascia senza fiato. E’ difficile capire che ciò che stiamo vedendo è proprio lo stesso posto dove abbiamo lavorato per anni. Si passa da alte quote a riprese ravvicinate; da immagini immobili con il drone fermo in aria a passaggi attraverso archi e porte e corridoi. Voliamo verso una importante via consolare. Dopo una rotazione su un piano orizzontale il mezzo si ferma e nelle immagini appare il grande monumento. Alto circa quaranta metri, trenta di diametro già riprendendolo da pochi metri si presenta come se non lo avessimo mai visto e siamo solo a mezza altezza. Francesco comunica “ora saliamo di quota, voleremo sui 30 metri e potremo riprenderlo nella sua completezza.”
Si sale, la videocamera lambisce le pareti in travertino del mausoleo che si sfilano, si riducono, più saliamo più si scopre. Filmiamo la merlatura e andiamo ancora più in alto per assicurarci uno spettacolo unico. Non credo a quello che vedo; vorrei puntare io la telecamera o la macchina fotografica e manovrare gli zoom ma non posso perché è solo il pilota che può trasmettere i segnali per le foto o il video mentre, con un mezzo di livello superiore, sarebbe possibile gestire tramite persone diverse le funzioni di pilotaggio e di ripresa. Mi tolgo gli occhiali e sono attratto dalla consolle, dai molteplici controlli di volo, dall’autonomia del velivolo e dalla capacità del pilota ma quello che continua a sorprendermi è la stabilità delle immagini in volo. Chiedo e mi rispondono che la foto-videocamera è stabilizzata sul piano orizzontale con motori elettrici e con un giroscopio di elevata precisione; che l'inclinazione verso il basso, che varia in relazione alle ottiche prescelte, è assicurata da altri motori inerziali; che il corpo macchina è posizionato su una vera e propria micro steadycam e che le fotocamere e le video utilizzabili vanno dalle piccolissime micro color alle video camere super professionali. Tutto molto, molto interessante ma …. a me interessano le applicazioni. Andare a frugare e a documentare quell’angolo del monumento al quale non sono mai riuscito ad arrivare. Verificare a costi contenuti quelle alte lesioni. Realizzare un modello 3d ad alta precisione, avere finalmente un filmato promozionale per questa splendida area archeologica che è fuori dai circuiti turistici tradizionali. Non mi serve altro né altri particolari tecnici, in pochi minuti ho già capito e le decine di applicazioni e aree di intervento si accavallano nella mia testa.
Il documentario "Progetto Albanus: dentro l'antico emissario" vince il prestigioso premio NEW YORK MOVIE AWARDS come migliore documentario
Nel mese di aprile 2021 è stato riconosciuto il premio come "Best feature Documentary" del festival New York Movie Awards al documentario "Progetto Albanus: dentro l'antico emissario" di Massimo D'Alessandro prodotto dalla ASSO in collaborazione con la Federazione HYPOGEA.
domenica 2 maggio 2021
2 maggio 2021:Approvato il progetto di copertura dell'arena del Colosseo. Tecnologia sofisticata e "green". L'obiettivo di una "piazza" per la cultura
"Un pavimento in legno dall'anima super tecnologica e green, con un sistema di pannelli dall'anima in fibra di carbonio che, muovendosi e ruotando come una sorta di super sofisticato brie soleil, garantiranno sia la vista dei sotterranei sia la loro ventilazione. Ecco come sarà nel 2023 la nuova arena del Colosseo, la sfida più ambiziosa e contestata del ministro della cultura Franceschini." (fonte: ANSA.IT - qui il link articolo completo)